Basta andare ad Atzara per sapere cosa vi hanno trovato tutti i più grandi pittori sardi (e non solo sardi) che l’hanno, ormai da secoli, scelta come patria d’adozione. Le tele della sala dei matrimoni del Municipio di Cagliari vennero dipinte proprio qui da Filippo Figari, che si stabilì in questo paese per un decennio. Cercava la luce, si disse, e ad Atzara la trovò più luminosa che altrove. Come lui, qualche tempo prima, il De Queiros ed altri “grandi” della pittura spagnola, come Eduardo Chicharro Aguera e Ortiz Eichagüe, autore dell’indimenticabile scena corale che è un po’ la madre di tutta la pittura “sardista”, e dopo di loro Giuseppe Biasi e Carmelo Floris. È proprio quella luce così “speciale”, ricca di umori nascosti, che ha fatto nascere ad Atzara alcuni tra i più bravi pittori sardi, alcuni dei quali tuttora operanti. Forse la luce filtrava dalle due antiche “entrate” di Sa Bandela e S’Istrumpu, oppure si rispecchiava nei boschi di Sa Costa, dove si fermano tutte le speranze del turismo atzarese.
Il paese Atzara è un paese “speciale” dove il vino scorre a fiumi e disseta tutti i paesi del circondario ed anche altri lontani: Desulo, Belvì, Aritzo, Fonni, Gavoi, Tonara, Busachi, Allai, Fordongianus; un paese che si vanta d’aver il gruppo folk più bello di tutta la Sardegna, non tanto per i costumi (ve ne sono di migliori) o per il ballo (non è tra i più belli) ma per l’armoniosa sintesi di queste due cose alle quali viene infuso un fascino particolare, per così dire “luminoso”. Un paese veramente tranquillo, che neppure in tempi antichi s’era distinto per banditi, omicidi, furti, danneggiamenti: una sorta di “paradiso” nella Barbagia travagliata. Paese di contadini poveri ma onesti, senza l’angustioso problema delle faide pastorali. Situato in una conca fertilissima piena di vigne il paese vive, così, il lento sonno dei “non beati”, senza distinguersi né nel bene né nel male, eccetto, forse, che nel vino profumatissimo di mille essenze che in questa luce ha inebriato tanti artisti. Dolci declivi, colline e valli si susseguono in una sintesi armoniosa di luci e di colori che in autunno e in primavera assumono tonalità eccezionali.
Le origini Il paese ha origini molto antiche, testimoniate dalla presenza di quattro nuraghi che pare difendano il paese ai quattro lati: Abbacadda (il più bello, sotto Bruncu Ziara, a 460 metri d’altezza), Niu Crobu, Nuraghe ’e Sole, Mugaddu. In tempi andati il territorio atzarese veniva suddiviso in due saltos, de susu e de josso, nei quali vennero edificate due chiesette campestri, dedicate a Santa Maria: una distante tre chilometri, nella regione denominata Leonisa, a est, la seconda, Santa Maria ’e Josso, a ovest, distante sempre circa tre chilometri dall’abitato. La chiesa principale (il monumento più bello di Atzara), dedicata al santo martire Antioco, fu edificata nel ’500 in forme tardo-gotiche, probabilmente sui resti di un’altra più antica. Si ha ricordo di questa chiesa, infatti, sin da epoca pisana. Il paese ha avuto un modesto sviluppo urbano; alcuni rioni antichissimi rimangono ancora, fortunatamente, intatti; la struttura delle case è, chiaramente, d’origine spagnola, con la “corte”, il patio e i ballatoi più elaborati di quelli d’architettura barbaricina classica.
L’economia e la società Il paese vive a stretto contatto col più grosso centro di Sorgono: moltissimi atzaresi, infatti, sono impiegati nella piccola capitale del Mandrolisai, soprattutto nel settore dei lavori pubblici e del terziario. Più della metà dell’uva lavorata dalla Cantina sociale di Sorgono, inoltre, è prodotta dalle vigne atzaresi: complessivamente 8000 quintali, oltre il cinquanta per cento dell’intera produzione della cantina. Altri settemila quintali d’uva (5000 ettolitri) vengono lavorati nelle cantine private di Atzara. Oltre diecimila ettolitri di vino che rappresentano, per il piccolo centro del Mandrolisai, un buon volume d’affari. Se l’allevamento del bestiame, legato a una secolare arretratezza di conduzione, non riesce a svincolarsi da una serie di problemi legati all’assenza di strutture pubbliche e di nuove tecnologie e viene, così, bloccato nel suo sviluppo, l’agricoltura, invece, è una delle risorse principali della popolazione, assieme all’artigianato che non riesce però a decollare come meriterebbe. Gli arazzi e le coperte atzaresi, con la bellissima lavorazione a pibiones, pur essendo fra i migliori prodotti dall’artigianato tessile isolano, non riescono a trovare un’adeguata commercializzazione. Importantissima, inoltre, la produzione di dolci, famosissimi in tutta l’isola: pan”e saba, papassinos, candelaos. In tempi andati gli atzaresi erano famosi perché erano i “vinai” di tutte le sagre della Sardegna: essi partivano con i carri e i cavalli carichi di botti di vino da vendere in tutte le sagre dell’isola.
Le feste più importanti del paese sono quella di Sant’Antioco e Santa Maria ’e Susu e soprattutto, nella seconda decade di maggio, la sagra del vino, alla quale è abbinata una estemporanea di pittura d’eccezionale interesse. La sua luce meravigliosa è il segreto di molti capolavori sardi. E giustamente è stata aperta di recente nel paese una Pinacoteca d’Arte moderna e contemporanea, che comprende una collezione di dipinti di pittori sardi e spagnoli dei primi anni del Novecento, tra i quali Antonio Ortiz Echague ed Eduardo Chicharro Aguera, che soggiornarono ad Atzara e dipinsero quadri di soggetto locale.
Testi di Antonangelo Liori