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Bono :: è considerato uno dei maggiori centri del Goceano, situato a 540 m s.l.m., ai piedi del monte Rasu.

Località > Sassari
Bono - (SS) - Gruppo di giovani donne in abito tradizionale festivo riprese su un carro foto storica

Bono
Bono è considerato uno dei maggiori centri del Goceano, situato a 536 m s.l.m., ai piedi del monte Rasu. Il suo territorio è ricco di testimonianze storiche, come le sei chiese medioevali conosciute come "sas cresias de su campu" e, non molto lontano dal centro abitato, i resti di un insediamento nuragico. Nel paese, da vedere, la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, costruita tra la fine del '200 e i primi del '300 avente facciata in trachite rosa impreziosita da uno splendido rosone.Da vedere anche il murales realizzato da Liliana Canu nella piazza Bialada che ricorda gli eventi dei moti antifeudali e di Giovanni Maria Angioy. A valle del paese, lungo la strada di Santa Restituta oltrepassato il fiume Tirso, si giunge alle 5 chiese campestri, unico segnale rimasto del villaggio di ''Lorthia'', centro originario della futura popolazione Bonese

Abitanti: 3.784
Superficie: kmq 74,50
Provincia: Sassari
Municipio: corso Angioi, 2 - tel. 079 791690
Guardia medica: viale San Francesco, 1 - tel. 079 790484
Biblioteca: via S. Raimondo, 6 - tel. 079 791118
Ufficio postale: via Brigata Sassari, 35 - tel. 079 790109

Bono, quercia da sughero dentro il complesso forestale di Monte Artu.
Murales in piazza, foto Comune di Bono.

Informazioni Turistiche e Curiosità su Bono

Bono sorge a 540 m slm ai piedi del Monte Rasu ed è il paese più popoloso del Goceano. Abitato fin dall'epoca preistorica, il territorio di Bono è caratterizzato da una grande varietà di paesaggi, estendendosi dalla valle del Tirso fino alla cima del monte Rasu ad oltre 1200 m. Nel medioevo Bono appartenne alla curatoria del Goceano: a questo periodo risalgono molte chiese, tra le quali la chiesa di San Gavino di Lorthia, nei pressi di un antico villaggio abbandonato intorno al 1700 probabilmente a causa di un'epidemia di peste. Nel 1796, in seguito alla partecipazione ai moti antifeudali di Giovanni Maria Angioy, nativo del luogo, il paese fu attaccato dalle truppe piemontesi che, dopo averlo bombardato, lo conquistarono. Sulla via del ritorno, i bonesi aspettarono i soldati, li attaccarono e ne fecero prigionieri alcuni. Al centro del paese si trova la parrocchiale di San Michele Arcangelo, in trachite rosa, risalente alla fine del 1200, la quale, anche se più volte rimaneggiata, presenta una singolare curiosità: l'orologio della chiesa è mosso dal peso di quattro palle di cannone sparate sul paese in occasione dell'assedio del 1796, durante il quale le truppe governative vennero scacciate dalla popolazione. Questo episodio viene rievocato ogni anno nel corso della festa di San Raimondo, il 31 agosto, in occasione della quale la zucca più grossa degli orti di Bono viene data in premio all'ultimo classificato nella corsa di cavalli, come ironico riconoscimento al valore dell'esercito sconfitto. A Bono si tiene, nella prima decade di settembre, l'annuale Fiera dei Prodotti Tipici Artigiani del Goceano. Oltre a quella di San Raimondo, assai importante a Bono, come in numerosi paesi della Sardegna centrale, è la festa di S. Antonio Abate, il 16 ed il 17 gennaio, quando inizia tradizionalmente il Carnevale: le maschere fanno la loro prima comparsa e intorno ai fuochi si canta e si balla. A poca distanza da Bono si possono visitare aree naturalistiche di importanza notevole, nei boschi di Monte Rasu e nella Foresta Burgos. Dalla sommità del Monte Rasu (m 1258) si gode uno splendido panorama su tutto il Goceano. Su questo monte si trova, inoltre, la località di grande importanza naturalistica di "Sos Nibberos", i cui alberi millenari raggiungono i 16 metri d'altezza ed un diametro superiore al metro. A Monte Pisanu, presso la Caserma delle Guardie Forestali, a 861 metri d'altezza, sono state piantate diverse specie arboree come le tuie giganti, le roverelle, il cedro dell'atlante e un pregevole esemplare di abete bianco.

Agricoltore e macellaio di Bono 1826
Bono, abiti tradizionali.

L'abbigliamento tradizionale rappresenta uno dei più efficaci simboli d'appartenenza, in grado di demarcare le identità collettive, regionali e nazionali. Ciò che oggi si è soliti indicare genericamente come "costume sardo" rappresenta l'esito di un lungo processo di trasformazione protrattosi dal XVI secolo sino alla fine del XIX secolo. Nell'orizzonte tradizionale l'abito svolgeva la funzione di comunicazione sociale, giacché rendeva immediatamente riconoscibile la regione d'appartenenza, il sesso, l'età, lo stato anagrafico e il ruolo di ciascun membro della comunità. A partire da una base di vestiario abbastanza omogenea, i cui elementi si articolano fra di loro in svariate combinazioni, si arriva ad ottenere anche in aree territoriali ristrette un numero notevole di tipologie di abito tradizionale.

Bono, abito tradizionale 1905.
Bono, abito tradizionale 1905.

Testi di Bachisio Solinas

Bono occupa il centro del Goceano, zona caratterizzata topograficamente da una catena montagnosa che delimita a nord-est la pianura dell’Alta Valle del Tirso. Il territorio si trova compreso fra i confini dei comuni di Anela, Nughedu San Nicolò e Bultei a nord, Bonorva a nord-ovest, Bottidda a sud e Benetutti e Orotelli ad est. Come quello attiguo di Bottidda, ha la forma di un lungo rettangolo che comprende montagne, colline ed in misura minore zone pianeggianti. I valori altimetrici variano da 217 a 1258 metri s.l.m., con una collocazione compresa, in prevalenza, tra i 380 ed i 625 metri. Ciò ne determina la classificazione in “collina interna”, appartenente alla regione agraria denominata Colline dell’Alto Tirso.
Montagna e acqua Le cime più elevate, oltre il monte Rasu, che raggiunge l’altezza di 1258 metri e che localmente è denominato Sa Punta Manna, appartengono tutte alla fascia nord-occidentale del territorio. Tra essa e la vetta di Sa Punta de Bobore Mànchinu, alta 1176 m, si inserisce il passo di Buccàidu a quota 1042. Seguono, nell’ordine, Sa Rocca ’e Preda ’e Corvu (1099 m), Montrigu su Frùschiu (971 m), Littu ’e Mela (919 m), S’Élighe ’Entosu (901 m) ed altri di valore inferiore. Le colline di Santu Remundu (549 m) e di monte Tia (502 m) sono state assorbite dal centro abitato. Altre, tra cui Santa Restuda (430 m), S’Ispinarva (435 m), Monte Paza (301m) e Su Arzu (637 m) sono disseminate a valle. Il fiume più importante è il Tirso, detto riu Mannu, attraversato prima da un ponte in pietra ad arcate, cui ha fatto seguito, in questo dopoguerra, quello sorto lungo l’asse stradale Bono-Santa Restituta, in località Loddai, con struttura in cemento armato, a tre arcate. Vanno ricordati, quali affluenti di destra del Tirso, il riu Pabùsi, il riu Nurcoro ed il riu Biccole. Per la sua lunghezza è invece da segnalare il riu Costa de Calarighes, che lungo il percorso diventa riu de Sas Vortas ed infine riu Carradores, ancor prima di versarsi, penetrando in agro di Bottidda, ad est del Tirso. Nei contrafforti nord-occidentali del monte Rasu trovano origine il riu Sos Crobados ed il riu Marghinesu, che alimenta il riu Mannu di Ozieri. La natura geologica del suolo rende molto difficile l’assorbimento delle acque meteoriche, che danno perciò origine ad una formazione ramificata di corsi d’acqua, irregolari per portata e periodicità. Infatti, se si eccettuano la zona dei basalti fessurati di Pranu Mannu, a nord-ovest, e la fascia delle alluvioni fluviali e dei detriti di falda, alla destra del fiume Tirso, il rimanente territorio è caratterizzato dalla presenza di rocce granitiche, schistose e tufacee.
Le origini Le origini di Bono restano avvolte nelle tenebre del passato più lontano. La presenza di nuraghi e resti di tombe di giganti testimoniano, insieme ai toponimi e ad una nutrita serie di nomi di cui è arduo rintracciare l’ètimo e la collocazione storica, l’antica presenza dell’uomo. Il nome stesso di Bono, spogliato da certe suggestioni sentimentali, sfugge ad un classificazione semantica. Sparsi un po’ dovunque si trovano nel territorio circa 35 nuraghi, tutti però in totale stato di abbandono ed in precarie condizioni di conservazione. Tra essi si possono citare quelli di Sas Doppias, Mattafurones e Pilisserta ubicati a nord-ovest di monte Rasu, e quelli di Ortivai, Tamuile, Seddei, Arisanis, Muselighes e Larattu ad est. Meno numerosi e di scarso valore dimensionale sono gli ipogei del tipo domus de janas. Gli storici concordano nel datare l’esistenza del centro anteriormente al Mille, pur senza attribuirgli una data più precisa. Di certo si può affermare che per diversi secoli esso fu formato da piccoli agglomerati in cui è possibile distinguere, in scala diacronica, il rione di Bidda Sana – di cui restano tracce di antiche costruzioni accanto ai ruderi della chiesa di San Matteo –, il rione di Santu Giuanne, e quelli di Bolia e di Budullau, quest’ultimo ancora oggi non integralmente amalgamato col resto del paese. Ad essi si sono successivamente aggiunti i rioni di Adda ’e Riu ed in tempi recenti quello de S’Istassione.
Nel Medioevo Per molti secoli Bono è accomunato, nelle vicende sociali, politiche e religiose, alle restanti “ville” del Goceano, con cui condivide invasioni e stragi, ruberie e vessazioni, e sulle quali viene gradualmente affermandosi come il centro più importante di una zona a lungo contesa per i suoi boschi e le sue greggi. Esso non trae origine dal vicino villaggio di Lorthìa, di cui assorbe lentamente uomini e mezzi e possedimenti, con le annesse chiese di Santa Restituta, sarda, madre del vescovo vercellese Sant’Eusebio, di Sant’Ambrogio, di Santa Barbara e di San Nicola da Bari. Infatti Bono e Lorthìa coesistono per svariati lustri fin quasi al XVI secolo, epoca probabile della definitiva scomparsa di questo centro. La coesistenza è deducibile anche dal trattato di pace con cui il re Giovanni I d’Aragona, nel 1388, riconosce ad Eleonora d’Arboreai diritti ereditati dal padre Mariano IV sulla contea del Goceano. In questo stesso periodo, inoltre, Bono e Lorthìa figurano negli elenchi delle decime che vengono versate alla Chiesa. Nel 1420 Bono, quale sede del vescovo di Castro (di cui sopravvive il ricordo nella via Piscobia), accoglie il Sinodo della diocesi indetto dal vescovo Leonardo. Esso si svolge nella chiesa di San Michele la cui costruzione, in trachite rossa con ampio rosone al centro, risale al 1100. Qui si conserva la statua del santo, opera eseguita dallo scultore Tavera nel 1393 e ritenuta da alcuni di pregevole fattura. Vi si trova altresì un calice in argento, proveniente, secondo la tradizione, dal castello di Burgos, che Foiso Fois attribuisce ad un «orafo di modesta levatura» del XIV secolo, mentre il La Marmora ed il Vivanet lo considerarono «degno di rilievo». Il trattato di Oristano del 1410 assegna la contea del Goceano, e Bono con essa, a Leonardo Cubello e ai suoi successori. Nel corso della lunga guerra di resistenza combattuta da Arborea contro l’occupazione aragonese, il villaggio è occupato dalle truppe regie guidate da Angelo Marongiu, capitano di Sassari e fedele servitore della corona. La battaglia di Macomer del 1478 segna, con la definitiva conquista della Sardegna, anche la scomparsa della contea del Goceano, peraltro già dichiarato feudo regio nel 1477. È l’epoca triste in cui si contano meno di 3000 abitanti in tutta la contrada. Solo dopo una lunga notte di circa due secoli, funestata tra l’altro da carestie e pestilenze, lo stato demografico si presenta modificato in positivo con i circa 1000 abitanti censiti nella sola Bono alla fine del 1700. Nel frattempo la soppressione della diocesi di Castro (1503) aveva posto Bono alle dipendenze del vescovo di Ottana e Alghero, situazione che si protrarrà fino alla ricostituzione della diocesi di Bisarcio-Ozieri (1803).


Bono il paese e la pendice montana.

Testi di Bachisio Solinas

Dai Savoia ad oggi Nel 1737 viene inaugurata, per la tenacia del prete A. Rubatta, la scuola superiore di latino e filosofia nel convento dei Mercedari, sul colle di San Raimondo. A quel punto si è da circa due decenni sotto la dominazione sabauda (1720), ed anche Bono ne avverte il peso. Ma in modo particolare paga, alla fine del secolo, gli esiti dei moti angioiani del 1796 sotto i ripetuti assedi delle truppe regie. Di queste azioni repressive restano delle significative testimonianze in due toponimi: Funtana Pudida, a ricordo della strage fatta dai bonesi sulle milizie in fuga del Pintor; e S’Impiccu, il luogo delle impiccagioni dei sostenitori e seguaci di Giovanni Maria Angioy. È probabile che nel medesimo sito siano state erette le forche che ressero i corpi esanimi dei contadini e dei pastori mossisi contro l’editto delle chiudende, nel 1832. Le riforme del conte Bogino (1759-1773) inseriscono il Goceano, e quindi Bono, nella provincia di Ozieri fino alla riforma amministrativa del 1859. Nel 1807 è sede di prefettura: le sue funzioni amministrative e giudiziarie si estendono ai centri del Goceano, Nule escluso, e di Bolotana, Lei, Silanus, Orotelli, Oniferi, Orani, Sarule, Ottana e Orune. Nel 1842 riceve la visita del re Carlo Alberto. Nel 1851 la prefettura viene inserita nella divisione amministrativa di Nuoro per passare successivamente alla provincia di Sassari (1859), sotto prefettura di Ozieri. Bono viene così ridotto al rango di mandamento, cui fanno capo altri quattro comuni. Più tardi, insieme al mandamento di Benetutti, viene assegnato al tribunale di Sassari e quindi a quello di Nuoro (1923), al quale è attualmente sottoposto come unico mandamento del Goceano. Ora fa parte del collegio senatoriale di Tempio-Ozieri, mentre forma collegio a sé stante, con i centri di Anela, Bottidda, Burgos, Esporlatu e Illorai, per l’elezione dei rappresentanti al Consiglio provinciale. L’ufficio di leva dipende invece dal distretto di Oristano. Bono, già sede di Ufficio del Registro fino al 1969, è inserito ora nel circondario di Ozieri anche per quanto attiene all’Ufficio distrettuale delle Imposte dirette.
Il paese Bono occupa una posizione che è resa piacevole dal sano clima invernale e dalla presenza di un vento fresco ed asciutto nella stagione estiva. Le strade del centro storico sono strette e difficilmente transitabili dagli automezzi, mentre sono larghe e scorrevoli nelle zone di nuovo insediamento. Il verde del bosco che lo circonda e delle piante che ornano la strada principale fa da contorno alla piazza Gramsci ed alla fonte monumentale di Bia Lada (1886), il cui spiazzo era stato abbellito in passato dai murales di Liliana Cano sui moti angioiani. Fra esse si trova piazza Trieste col monumento ai caduti delle due guerre rivolto verso la facciata del Municipio (edificato nel 1886). Qui, al secondo piano, si trovavano gli uffici della Pretura, che esercitava la propria giurisdizione sui nove comuni del Goceano. A pochi metri sorgono il caseggiato della scuola elementare, che accoglie anche gli uffici della Direzione didattica (cui fanno capo i plessi di Bottidda, Burgos, Esporlatu e Illorai), l’agenzia della Banca Popolare di Sassari e la Cassa comunale di Credito agrario del Banco di Sardegna. A breve distanza sono ubicati l’ufficio postale, la scuola materna statale, la caserma dei Carabinieri con relativa Tenenza, un pubblico macello e, più a valle, il nuovo carcere mandamentale. Dalla parte opposta, non lontano dal cimitero, costruito nel 1869 e in seguito ampliato, si trovano due sezioni di scuola materna dell’ESMAS, la scuola media statale, che accoglie provvisoriamente il Liceo scientifico e l’Istituto tecnico commerciale per Geometri (sezioni staccate di Ozieri), e l’edificio, in fase di ultimazione, dell’Istituto professionale di Stato per l’Agricoltura (sezione staccata di Sassari). Oltre ad essere sede del Distretto scolastico n. 9 e della Comunità montana “Goceano”, Bono comprende anche un ufficio staccato dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura, uno dell’ERSAT (Ente Regionale di Sviluppo ed Assistenza Tecnica in agricoltura) ed infine un’agenzia del Consorzio agrario provinciale. Le strutture sanitarie, che fanno capo all’Azienda ASL n.1 di Sassari, comprendono il servizio di cardiologia, il consultorio pediatrico, ostetrico e ginecologico, un presidio di tisiopneumologia, igiene e medicina sociale, un poliambulatorio, un consultorio familiare ed un ambulatorio con annesso l’Ufficio sanitario ed il servizio di guardia medica. A livello privato operano invece una sezione dell’AIAS, due ambulatori di medicina generica, due studi dentistici e due farmacie. A Bono funzionano anche tre sedi di assistenza e patrocinio delle organizzazioni sindacali confederali (CGIL, CISL e UIL) e, per le attività sportive, un campo di calcio, uno di calcetto e uno di tennis. L’uso del telefono è assai diffuso, così come capillare è la distribuzione delle reti idriche, fognarie ed elettriche.


Corso Angioy, foto comune di Bono.

Testi di Bachisio Solinas

Le tradizioni Con Nuoro e con la “civiltà” barbaricina esistono anche tradizioni culturali affini, che si possono rinvenire, tra l’altro, nella struttura linguistica e nella comunanza delle regole sintattiche. La durezza e la gutturalità fonica proprie del nuorese sono addolcite dagli influssi della lingua logudorese: il Goceano, infatti, svolge, tra il Logudoro e la Barbagia, la funzione di zona cuscinetto. Persino il costume tradizionale, maschile e femminile, nella forma e nella quantità degli elementi che lo compongono, nella ricchezza, varietà e vivacità dei colori, ripropone le caratteristiche costitutive del costume del Nuorese. L’abbigliamento maschile si compone di vari capi quali le ghette nere di orbace (sas cartzittas); i panni in tela di cotone bianco (sas cartzas); il gonnellino di orbace, svasato e a pieghe (sas ragas); la camicia, in tela di filo (su bentone); il corpetto di panno rosso (su corittu) e il berretto di panno nero (sa berritta). Intorno alla vita si allaccia la cintura, in velluto o in pelle (sa chìntula). Il costume femminile, più ricco e vario, comprende una piccola camicia (sa camisola), quindi la camicia vera e propria, composta da due pezzi (sa camisa); il corpetto di panno rosso (su corittu); il busto a due romboidi (s’imbustu); infine la gonna di panno nero (sa bunnedda), che viene coperta anteriormente dal grembiule (sa farditta). Sul lato destro, intorno alla vita, pende il fiocco di pizzo o di raso (su fioccu). La testa, con i capelli raccolti in due michette laterali, viene ornata dalla benda di tela di filo inamidato (sa tiazola) che si sovrappone all’ampio fazzoletto di seta bianca (su muccadore).
I personaggi Bono ha dato i natali a vari uomini illustri della vita politica e sociale della Sardegna. Il più importante fra tutti è Giovanni Maria Angioy, figura di spicco della storia sarda, che qui nacque da una ricca famiglia di agrari. Al movimento angioiano aderì, in giovanissima età, il dottor Salvatore Frassu (Bono 1777-1857), che per nove anni resse la parrocchia di Benetutti e in seguito divenne canonico prebendato di Oristano. Così lo ricorda la lapide in lingua sarda eretta nel cimitero di Bono. In quello stesso periodo nasceva il cavaliere don Agostino Fara (Bono 1796-1867) che, ammesso volontario al Reggimento di Sardegna per disposizione regia, fece una rapida e brillante carriera pervenendo al grado di comandante della brigata “Casale” e della sottodivisione militare di Nizza. Fu decorato della croce dei Santi Maurizio e Lazzaro per i fatti d’arme di Custoza e della medaglia d’argento al valor militare per la battaglia di Novara. Prese pure parte al blocco di Peschiera. La chiesa di Bono custodisce la sua medaglia al valore e la spada d’onore offertagli dagli ufficiali del “suo” 13° Reggimento. Ad un periodo più recente appartiene invece la figura di Giovanni Antonio Mura (1879-1943), sacerdote e scrittore, amico di Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Attilio Deffenu e Max Leopold Wagner. Spirito irruento e combattivo, fu anche brillante conferenziere ed oratore fecondo. Autore di novelle e poesie, collaborò a molti giornali fra cui “Il Nuraghe”, “L’Avvenire d’Italia” e “L’Ateneo” di Roma. La sua opera migliore è il romanzo La tanca fiorita che, pubblicato da Treves nel 1934, è stato ristampato, a cura di un apposito comitato, a distanza di cinquant’anni.
Le feste popolari Oltre che nelle feste campestri, il paese esprime le proprie tradizioni religiose anche in altre ricorrenze, fra le quali sono tre quelle che rivestono particolare evidenza. La festa di San Raimondo Nonnato viene celebrata il 31 agosto: la chiesetta a lui intitolata sovrasta l’omonima collina dalla quale l’avvocato Efisio Pintor Sirigu, capo delle milizie inviate a Bono per punire i superstiti seguaci dell’Angioy, assediò l’abitato a colpi di cannone. La vittoriosa resistenza organizzata dai bonesi rivive nella sfilata in cui, preceduto da un corteo di donne e uomini nei costumi tradizionali, viene trainato un affusto di cannone sormontato da una grossa zucca con una forma di ricotta, elementi che rimandano certamente a riti di tipo agreste. In occasione della vigilia della festa di Sant’Antonio abate (17 gennaio), dalle strade del centro s’innalzano verso il cielo numerose colonne di fumo che si sprigionano dai falò accesi come ex-voto in onore del santo. Caratteristici sono i dolci confezionati per l’occasione: le tiliccas e le cogones alla sapa, artisticamente istoriate e ornate di elementi che si ricollegano ai culti della terra. Il culto dell’acqua, unitamente alla credenza popolare sull’acquisizione di poteri magici straordinari da parte di alcune erbe, rivivono nella festa di San Giovanni (24 giugno). Alla mezzanotte della vigilia le persone si muovono dalla chiesa per visitare le fontane e attingere dell’acqua da conservare a protezione di uomini e case.


Targa commemorativa di Giovanni Maria Angioy e dei moti angioiani.
La chiesa di San Raimondo sul colle omonimo, Bono (SS).
chiesa, foto comune di Bono.

Eventi a Bono
San Giovanni Battista

Data evento: 23-06-2012    Al: 24-06-2012
La festa dedicata al Santo si svolge presso la piazza San Giovanni, nel centro storico del paese.


San Raimondo nonnato
Data evento: 31-08-2012   
La festa di San Raimondo per il 2012 sarà organizzata dai fedales 72.


Santa Barbara

Data evento: 08-09-2012    Al: 09-09-2012
La festa dedicata alla Santa si svolge nella Chiesa campestre.


Sant'Efisio
Data evento: 10-09-2012    Al: 12-09-2012
La festa dedicata al Santo si svolge presso le vie del centro urbano.

vista notturna, foto del comune di Bono.
Foresta demaniale Monte Pisanu - Foto storiche
Foresta demaniale Monte Pisanu

Monte Pisanu
La Foresta Demaniale Monte Pisanu è un possedimento demaniale dal 1886. Al suo interno si possono ammirare tassi plurisecolari, rari endemismi, boschi di roverella e formazioni miste di leccio e sughera.


Dove si trova e amministrazione


Provincia: Sassari
Comuni: Bono e Bottida
Superficie: 1994 ha
Comunità montana n. 7
Telefono: 079 790240
Fax: 079 791208
Indirizzo email:
montepisanu@enteforestesardegna.it
Complesso forestale di appartenenza: Goceano




Come arrivare
Per chi arriva da Cagliari lungo la Carlo Felice è possibile dirigersi a Bono uscendo dalla S.S. 131 in corrispondenza del bivio per Nuoro e Macomer, oppure proseguire sino al bivio per Bonorva, e da qui dirigersi a Bono seguendo le indicazioni stradali. Per chi arriva da Sassari è consigliabile lasciare la S.S. 131 in corrispondenza del bivio per Thiesi-Torralba. Si accede alla foresta dalle strade provinciali Ittireddu–Bono e Bono–Foresta Burgos che la attraversano per tutta la sua lunghezza: dal centro di Bono sono presenti apposite indicazioni stradali.
Il Territorio Il paesaggio vegetale è dominato dalla Roverella che si spinge fino alle quote più elevate, oltre i 1000 metri. Qui, le querce hanno un portamento cespuglioso e sono intercalate da piccole praterie montane. Alle quote più basse la roverella si associa alla sughera e/o al leccio. Nei cedui di roverella in cui erano stati a suo tempo impiantati il cedro dell’atlante e il pino nero sono iniziati da alcuni anni gli interventi di rinaturalizzazione e recupero ambientale con l’eliminazione parziale o totale delle conifere. Nel versante Est del Monte Rasu (1.259 m.s.l.m.) coesistono formazioni di Roverella ed Acero minore; la presenza di queste caducifoglie caratterizza, con il cambiamento della colorazione delle foglie, il paesaggio del periodo autunnale. La Sughera prevale nella fascia compresa fra i 700-900 metri, spesso consociata con roverella e/o leccio; da segnalare in località Pedra Ruias una sughera monumentale. In località Sos Nibberos un biotopo di tassi millenari è stato dichiarato, monumento naturale con decreto n. 24 del 29 gennaio 1994 dall’Assessorato Regionale della Difesa dell’Ambiente della Regione Sardegna. Presso la casa forestale si trova il Centro Servizi di supporto all’educazione ambientale e alla visita della foresta, dove è possibile trovare tutte le informazioni relative ai luoghi: sono infatti disponibili per la consultazione, le carte topografiche I.G.M. al 25.000 e una bibliografia essenziale.
Clima e Geologia del territorio Il clima di questa zona è nettamente bistagionale, con un periodo autunno-inverno abbastanza piovoso e una stagione primavera-estate quasi completamente asciutta. Di conseguenza si verificano periodi di siccità con ovvi riflessi sulla vegetazione. L'aridità estiva è molto spesso aggravata dalla notevole ventosità che a volte è presente su diverse parti del territorio. Piuttosto bassa è la frequenza e la persistenza delle precipitazioni nevose. Per avere un termine di confronto, conviene ricordare che nelle zone montane della Sardegna centrale le frequenze medie annue non superano i 5-10 giorni. Numerosi sono invece i giorni con brina sia in autunno che in primavera. Poco frequenti sono i temporali che di solito si verificano durante l'estate. I mesi più freddi sono gennaio, febbraio e dicembre, mentre quelli più caldi sono luglio e agosto. Si possono osservare terreni di origine vulcanica e depositi clastici a debole cementazione, permeabili nelle zone molto fratturate ed in genere negli strati superficiali, poco permeabili laddove la roccia e rimasta salda e compatta. I suoli derivati da scisti cristallini sono presenti un pò ovunque nel territorio, risultano poveri di scheletro, di sostanze argilliformi e di calcio, ma ricchi di potassa e con un discreto contenuto di anidride fosforica. Il paesaggio vegetale è dominato dalla Roverella che si spinge fino alle quote più alte (oltre i 1000 metri). A quote inferiori si associano anche Sughera e Leccio. I tagli, gli incendi ripetuti ed il pascolo successivo e continuato hanno portato alla condizione attuale, caratterizzata da una forte densità di polloni. I forti venti del quadrante Nord limitano lo sviluppo di questi cedui. L’unico versante che fu interessato in minima parte dai tagli e risparmiato dagli incendi è il versante Est di Monte Rasu. In questa località si conserva un’interessante formazione mista di roverella e Acero minore con esemplari sparsi di Agrifoglio. In particolare in località Iscurtis troviamo una vegetazione poco antropizzata a causa del forte pendio del versante, dell’abbondante rocciosità e della mancanza di strade di accesso. Il versante risulta particolarmente fresco, come indica l’abbondanza di felci (Pteridium aquilinum L., Poliystichum setiferum, Dryopteris pallida, Asplenium trichomanes L.) e la forte presenza di licheni sulle parti aeree delle piante. Tale ambiente trattiene l’umidità atmosferica, che tende ad abbassare le temperature mantenendole entro valori relativamente bassi anche nei mesi più caldi. L’introduzione delle conifere è stata realizzata su varie superfici di discreta fertilità: le specie maggiormente impiegate sono state sinora il Pino nero laricio ed il Cedro atlantico. La Sughera prevale nella fascia compresa tra i 700-900 metri, a diverse esposizioni, in formazioni quasi sempre consociate ad altre specie.
La copertura è molto variabile e in certe zone, anche per la rocciosità abbondante, più che fustaia si può definire pascolo arborato. Anche se contribuisce in minima parte alla formazione del paesaggio vegetale, è necessario fare cenno alla presenza di un biotopo di tasso in formazione pura e talvolta misto all’agrifoglio di recente decretato monumento naturale presso Sos Nibberos: questo bosco è costituito quasi interamente da esemplari secolari di Tasso che raggiungono diametri prossimi al metro ed altezze superiori ai 10 metri. Ove al tasso si affianca l'agrifoglio, il bosco è più aperto con rovi, Cisto, varie felci, Biancospino, Sambuco ed edera. In prossimità del ruscello che attraversa l’area del Tasso è presente una flora con specie tipiche della vegetazione riparia; le più comuni sono: Osmunda regalis L., Pteridium aquilinum L., Hypericum hircinum L., Nasturtium offinalis B. Br., Oenanthe crocata L., Mentha suaveolens Ehrh, e Veronica anagallis-aquatica L. La vegetazione arborea manca invece nella zona cacuminale di Monte Rasu. Questa superficie, poco estesa, con roccia affiorante, è ricoperta da timo erba-barona, da elicriso e da cisto.




Scorcio su Monte Rasu.
Un particolare all'interno della xiloteca, M.Pisano.

Fauna nel territorio Le foreste del Goceano sono popolate da numerose specie animali. Tra i rettili si segnala la presenza dell'algiroide nano (Algyroides fitzingeri) meglio conosciuto in sardo come Taràntula, del tarantolino (Phyllodactylus europaeus), della natrice viperina (Natrix natrix), della tartaruga di Hermann (Testudo hermanni), della testuggine palustre (Emys orbicularis) e della luscengola (Chalcides chalcides). Tra gli anfibi si riscontra la presenza del discoglosso sardo (Discoglossus sardus), e della raganella sarda (Hyla sarda). I mammiferi sono rappresentati da cinghiale (Sus scrofa), volpe (Vulpes vulpes) donnola (Mustela nivalis), lepre (Lepus capensis) quercino (Eliomys quercinus) e riccio (Erinaceus europeus). Le distese boscate e rocciose sono adatte inoltre per la vita dell’astore (Accipiter gentilis arrigonii), dello sparviero (Accipiter nisus), della poiana (Buteo buteo), del gheppio (Falco tinnunculus), del falco pellegrino (Falco peregrinus) e del corvo imperiale (Corvus corax). Molti animali sono ormai scomparsi dall’area. I grossi mammiferi e i grossi rapaci, che popolavano le foreste del Goceano in epoche recenti, sono oramai estinti: il daino (in sardo chiamato su crabolu) il cervo (su chervu) ed il muflone (su murone).
Aspetti storici Ben rappresentate sono le aree rimboschite già dai primi del novecento. I primi rimboschimenti sono stati fatti col Castagno. Successivamente vennero utilizzate nelle parcelle sperimentali, altre specie esotiche, quali: il pino nero laricio, il pino domestico, il pino d’Aleppo, il pino marittimo, il cipresso sempreverde, il cipresso arizonica, il cipresso glabra, il cipresso macrocarpa, il calocedro, il cedro atlantico, il cedro deodara, che oggi costituiscono popolamenti adulti. Questi impianti, anche se hanno dato prova di buona adattabilità, manifestano molta difficoltà nel rinnovarsi naturalmente, anche in zone chiuse al pascolo, ad eccezione del Cedrus atlantica che presenta un’abbondante rinnovazione.
Cosa vedere
- Il Centro Servizi della foresta demaniale, che è caratterizzato dalla presenza della xiloteca sulle essenze arboree ed arbustive della Sardegna, sia spontanee che esotiche; si può apprezzare anche un escursus fotografico nella storia forestale del Goceano. Alcuni quadri e due album fotografici illustrano le vecchie caserme, i lavori forestali e le produzioni, quando ancora operava il Corpo Forestale dello Stato Italiano;
- nella zona circostante la casa forestale è stato recentemente realizzato un parco avventura ed una buona rete di sentieri da escursionismo ben segnalati e dotati di cartografia;
- il vicino sentiero di S.Francesco nei dintorni della tenuta Giannasi e del monte Rasu offre la possibilità di ammirare un paesaggio unico e suggestivo nello scenario offerto dal percorso storico-religioso omonimo;
- non può mancare infine una visita al monumento naturale rappresentato dal vicino bosco dei tassi secolari di Sos Nibberos.


Foresta demaniale Monte Pisanu
Panorama dal sentiero di sos nibberos
Albero Monumentale, Bono Sardegna

Albero Monumentale

Editore: Ente Foreste della Sardegna
Collana: Foreste della Sardegna
Raccolta: Complessi Forestali
Curatore raccolta: Ente Foreste della Sardegna - Redazione Web
E' parte di: Complesso forestale Goceano
Comune: Bono
Argomento: Ambiente e territorio
Data di realizzazione: 2012/02/11
Proprietario della risorsa: Ente Foreste della Sardegna, Regione Autonoma della Sardegna
Didascalia: Allo splendido esemplare di Quercus suber si può arrivare percorrendo il sentiero di san Francesco, partendo proprio dalla sede del Complesso Forestale dell'Ente Foreste della Sardegna.

 

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