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Edifici Storici di Sassari :: I luoghi più interessanti e storicamente più importanti da visitare nella Città di Sassari, informazioni turistiche e culturali sui Monumenti presenti in Città. - Le Vie della Sardegna :: Partendo da Sassari Turismo, Notizie Storiche e Attuali sulla Sardegna, Sagre Paesane e Manifestazioni Religiose, Cultura e Cucina Tipica Sarda, Monumenti da visitare, Spiagge e Montagne dell'Isola. Turismo in Sardegna, itinerari enogastrononici e culturali, suggerimenti su B&B, Agriturismi, Hotel, Residence, Produttori Prodotti Tipici, presenti nel territorio. Informazioni e itinerari su dove andare, cosa vedere, dove mangiare, dove dormire sul Portale Sardo delle Vacanze e dell'Informazione. Sardegna Turismo dove andare e come arrivare, tutte le notizie che vuoi conoscere sull'Isola più bella del Mediterraneo. Scopri sul Portale Le Vie della sardegna le più belle località turistiche dell'Isola e la loro storia, i personaggi illustri e di cultura nati in terra Sarda.

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Edifici Storici di Sassari :: I luoghi più interessanti e storicamente più importanti da visitare nella Città di Sassari, informazioni turistiche e culturali sui Monumenti presenti in Città.

Località > Sassari > Sassari
Le Mura di Sassari come arrivare informazioni turistiche e storiche.
Le Mura di Sassari
Come arrivare Per visitare la cinta muraria di Sassari si può iniziare da Porta Castello, da cui ci si immette nella via Torre Tonda. Si percorre corso Margherita per arrivare a Porta Utzeri e girare in corso Vico fino a Porta Sant'Antonio. Si svolta per corso Trinità fino alla Porta del Rosello, per immettersi infine in viale Umberto. La cinta muraria di Sassari è ormai inglobata dall'espansione urbanistica della città, capoluogo di provincia e seconda in Sardegna per numero di abitanti.
Descrizione Le mura di Sassari si conservano oggi solo in minima parte, ma evocano ugualmente il passato medioevale della città, contraddistinto da una forte spinta autonomistica, culminata nell'elevazione a libero Comune, unico esempio in Sardegna di affermazione di quella classe mercantile che altrove in Italia diede vita a forme significative di governo locale. La cerchia originaria risale ad anni anteriori al 1278, quando secondo la tradizione cinque villaggi, che facevano capo alle parrocchiali del centro storico, furono accorpati per dar vita a un unico centro urbano, raccolto attorno alla chiesa di San Nicola, che nel 1441 divenne cattedrale della diocesi turritana, ereditando l'antico ruolo della basilica di San Gavino. Le mura furono certamente potenziate attorno al 1236, quando Sassari si diede gli Statuti comunali, dai quali risulta che i cittadini erano tenuti a pagare una tassa annua per la loro manutenzione e che gli stranieri dovevano pagare un pedaggio per l'ingresso in città. La cinta era costruita in pietre calcaree, aveva una forma pentagonale e una lunghezza di circa 2 km. Era composta da 35 torri a pianta quadrangolare e una circolare detta Turondola. Le torri erano in conci squadrati, dotate di piani in legno con la parte aperta rivolta alla città; erano merlate e avevano delle feritoie. La Turondola, a differenza delle altre, era strutturata a pilastro centrale con volte a raggiera. Le porte si aprivano in corrispondenza dei quattro punti cardinali: a N la porta di Sant'Antonio, a E la porta Macello o di Rosello, a O la porta di Utzeri, a S la porta di Capu de Villa, poi denominata porta Castello. Nel 1616 venne aperta una porta a lato dell'Università su richiesta dei Gesuiti, detta porta Nuova, affinché gli studenti potessero accedere al collegio dalle campagne. La costante cura della cinta muraria nel Trecento, con l'imposizione di dazi per le fortificazioni, e gli interventi per tutto il corso del Cinquecento non sono bastati a preservarla dal degrado. Datano dal XVI secolo le concessioni ai privati e alle congregazioni religiose, che trasformarono torri in case, con il conseguente declino e l'evidente perdita di efficacia ai fini difensivi. Nel 1694 i varchi nelle mura erano innumerevoli, come ricorda una lettera inviata dal sindaco alla corte di Madrid. Nel 1712, sotto il dominio austriaco, si operò un restauro e un altro nel 1730 sotto i Savoia. Il piano regolatore del 1837 causò l'apertura di numerosi varchi, ma fu solo nel 1844 che venne demolito il tratto presso porta Castello. Nel 1853-56 fu abbattuta la porta di Rosello, nel 1857 la porta di Utzeri. Nel 1863 si apri il portico del Carmelo. Seguirono nel 1866 la demolizione della porta di Sant'Antonio, nel 1874 quella di porta Nuova. Le fotografie ottocentesche del Delessert, mostrano ancora le porte del Rosello e di Sant'Antonio.
Storia degli studi Sulla storia urbanistica di Sassari lo studio più completo è di Marisa Porcu Gaias (1996). Sulle mura è sempre utile il contributo di Alma Casula (1989).

Bibliografia
V. Angius, voce ''Sassari'', in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, XV, Torino, G. Maspero, 1849, pp. 45-47; G.F. Orlandi, Thathari, pietra su pietra. Sassari dalle origini al XIII secolo, Sassari, 1985; A. Casula, "La cinta muraria e alcune testimonianze del periodo romanico e gotico'', in Sassari: le origini, Sassari, 1989, pp. 139-144; F. Segni Pulvirenti-A. Sari, Architettura tardogotica e d'influsso rinascimentale, collana ''Storia dell'arte in Sardegna'', Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 14; M. Porcu Gaias, Sassari. Storia architettonica e urbanistica dalle origini al '600, Nuoro, Ilisso, 1996, pp. 52-57.

F. Segni Pulvirenti-A. Sari,
Architettura tardogotica e d’influsso rinascimentale, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1994, sch. 14: Castello aragonese (1331-42) già a Sassari.

L’esborso, da parte della municipalità sassarese, di una forte multa da destinare alla costruzione del castello accanto alla porta di Capu di Villa, nel punto più elevato delle mura, rappresentò nel 1326 il prezzo della pacificazione fra la città ribelle e l’Aragona. L’infante Alfonso provvide a nominare quale responsabile della costruzione tale Miguel Garbi, residente a Bonaria, ma l’opera venne iniziata solo nel 1331, dopo che la nuova rivolta, scoppiata nel 1329, fu sedata col saccheggio della città, l’espulsione del ceto dirigente e mercantile locale e la confisca dei beni, assegnati in feudo o in enfiteusi a cittadini catalani. Nel gennaio 1331 Alfonso III destinò alla costruzione del castello la metà del prodotto dei bandi e delle machizie, spettanti al veguer e al bailo di Sassari, incaricando dell’opera il veguer Raimondo di Montpaò, il bailo e i probiuomini sassaresi. Il castello doveva costituire un forte presidio strategico nel nord Sardegna e garantire il controllo della città, focolaio di rivolte antiaragonesi. G. F. Fara (1590) lo dà edificato entro il 1342 e ne fornisce una precisa descrizione che, assieme a quella fatta dal notaio Carbonieddo nel 1591 (epoca in cui vi era insediato il tribunale dell’Inquisizione), al memoriale del visitatore Pedro de Hoyo, del 1596, e alle poche immagini rimaste, consente di restituire i caratteri dell’edificio, demolito fra il 1877 e il 1880 a seguito della decisione assunta nel 1869 dalla municipalità. Lavori di riparazione alla fortezza sono documentati nel XV e XVI secolo; le sue mura vennero rafforzate nel 1503, con la creazione di un bastione a volta nella parte esterna e di un fossato con ponte levatoio verso la città, progettati da Antonio Ponzio. Si tratta, forse, delle fortificazioni venute di recente alla luce. Nel 1555 fu creato il baluardo fra il castello e la porta di Rosello mentre rimase inattuato, forse per mancanza di fondi , il progetto che prevedeva il rifacimento della cinta muraria della città e la creazione di baluardi, torri e speroni, lasciando integro il castello, predisposto nel 1556 da Rocco Capellino e illustrato da due piante custodite presso la Biblioteca Vaticana. Come si evince anche dal disegno del Costa, il castello aveva forma quadrangolare con quattro torri quadrate agli angoli e una quinta in cui era la porta di accesso dalla città. Sulla facciata della torre centrale – che, a tramontana, aveva murati gli stemmi del viceré Cervellon e del veguer Montpaò, assieme ai pali di Aragona, alla torre civica e a uno scudo di ignota attribuzione – erano due decorazioni a rilievo, entro doppio riquadro e con ornati gotici. L’approvvigionamento idrico era assicurato da pozzi e da una cisterna; vi era un ampio cortile interno e lo spiazzo esterno, detto pla’ del castell, era parzialmente occupato da orti. Nel castello risiedeva l’alcayde (comandante regio) col presidio militare; dopo il trasferimento da Cagliari a Sassari, dal 1563 vi si insediò il tribunale dell’Inquisizione che adibì a carceri parte dei locali al piano terreno e al piano alto. Di quest’importante struttura difensiva oggi non restano che cinque scudi murati all’interno della caserma Lamarmora (edificata al suo posto), poche immagini acquerellate, incise o fotografiche, e il toponimo della piazza.



Università di Sassari informazioni turistiche e culturali come arrivare dove andare. L'Università degli Studi di Sassari è ospitata in un edificio che racchiude la storia plurisecolare dell'istituzione, fondata nel 1632.
Università di Sassari
Come arrivare Sassari è la seconda città dell'isola. L'Università è nel centro storico. La sede storica dell'Ateneo sassarese si trova ai margini del centro antico.
L'Università degli Studi di Sassari è ospitata in un edificio che racchiude la storia plurisecolare dell'istituzione, fondata nel 1632. La parte posteriore, situata lungo il corso Margherita di Savoia, è segnata con grande evidenza dai grandi archi di rinforzo della ex Casa Professa gesuitica, mentre l'ampia facciata principale si affaccia sulla piazza Università, includendo due corpi preesistenti riuniti in un nuovo progetto affidato all'ing. Raffaello Oggiano come adattamento della vecchia sede. La veste formale del fabbricato rientra nello stile "ministeriale" degli edifici di istruzione pubblica, diffuso ampiamente anche a Cagliari, ma su modelli accademici romani.

L'attuale lunga e ripetitiva facciata si differenzia solo nella parte centrale per la maggiore ampiezza delle aperture con grandi finestre tripartite, sottolineate da membrature verticali in pietra artificiale di colore rosso. Anche l'ampio e luminoso cortile riprende semplificandole le membrature dell'esterno, mentre l'atrio ha un sobrio rivestimento di travertino nei pilastri cruciformi e nelle pareti, che contengono gli antichi stemmi dell'Università, data la sistemazione realizzata nel 1940 da Filippo Figari con il concorso degli allievi dell'Istituto d'Arte. La decorazione dell'aula magna (foto sopra) è invece il risultato di due concorsi (1926 e 1927), vinti da Mario Delitala. I soggetti dei grandi dipinti riguardano episodi di storia sassarese ("Il fondatore del primo collegio di studi Alessio Fontana consegna e spiega il suo testamento, La scuola di anatomia, Il Comune di Sassari ottiene dalla Cancelleria regia di Madrid la Carta Real, Lettura solenne del Decreto Bogino del 1766", quest'ultimo ritoccato e ridatato 1947 dallo stesso Delitala). I due pannelli laterali con "Libro e moschetto" e i ritratti di Vittorio Emanuele III e di Mussolini furono rimossi dopo la caduta del regime. Altre decorazioni di Delitala (1933) sono nelle sale del rettore e del consiglio d'amministrazione e nella segreteria.
Storia degli studi Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).

Bibliografia
[L.] Valentino, "Architettura in provincia di Sassari", in Bollettino del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti della Sardegna, 1932, 2, pp. 13-14; E. Cenami-P. Simonetti, "Architettura e città", in Sassari tra Liberty e Déco, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1987, pp. 48-49; G. Altea-M. Magnani, Pittura e scultura del primo '900, collana "Storia dell'arte in Sardegna, Nuoro, Ilisso, 1995, pp. 252-254; M. Porcu Gaias, Sassari. Storia architettonica e urbanistica dalle origini al '600, Nuoro, Ilisso, 1996, pp. 248-251; M.L. Frongia, Mario Delitala, Nuoro, Ilisso, 1999, pp. 104-130; F. Masala, Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 61.

F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 61: Raffaello Oggiano, Università degli Studi, 1927 Sassari
La sede storica dell’Ateneo sassarese è ospitata nella ex Casa Professa gesuitica, nella quale si innesta l’ampia facciata principale rientrante nel genere “min isteriale” dell’edificio di istruzione pubblica, perfettamente simile alle soluzioni cagliaritane, a loro volta mutuate da modelli accademici romani rivisitati in chiave eclettica secondo gli esempi di Gaetano Koch. In origine per entrambe le Università sarde il progettista è lo stesso arch. Gustavo Tognetti, ma a Sa ssari i due grandi edifici (1920) sulle vie Rolando, Mancini e Muroni per gli istituti scientifici, furono terminati solo nel 1937. Successivamente, fu affidato all’ing. Raffaello Oggiano un nuovo progetto come adattamento della vecchia sede. I due corpi preesistenti, però, anziché suggerire una articolazione più mossa hanno causato l’attuale lunga e ripetitiva facciata, differenziata solo nella parte centrale per la maggi ore complessità delle bucature. Anche l’ampio cortile riprende semplificandolo l’impianto esterno, mentre l’atrio fu sistemato nel 1940 da Filippo Figari: è una sobria soluzione che riveste di travertino i pilastri cruciformi e le pareti, inserendovi antichi stemmi dell’Università. Fu invece oggetto di due concorsi, espletati nel 1926 e nel 1927, la decorazione dell’Aula Magna. Ad entrambi partecipò Mario Delitala, vincitore del secondo, che si avvalse della collaborazione dell’arch. Gustavo Iscra. Nel 1933 fu affidato ancora a Delitala l’incarico di decorare gli uffici amministrativi.




Palazzo d’Usini a Sassari ospita la Biblioteca Comunale. Il Palazzo, che si affaccia su piazza Tola, fu riedificato nel 1577 per conto di don Jayme Manca su precedenti strutture tardo gotiche.
Palazzo d’Usini
Il Palazzo, che si affaccia su piazza Tola, fu riedificato nel 1577 per conto di don Jayme Manca su precedenti strutture tardo gotiche. Esso rappresenta per Vico Mossa la massima espressione di architettura civile sassarese del XVI secolo. Il palazzo ha subito nel corso dei secoli numerose modifiche che, oltre all’aggiunta del terzo piano risalente
al XVIII secolo, hanno riguardato anche le aperture laterali al grande portale. La facciata presenta il portale con architravi che includono l’iscrizione dedicatoria e la serie delle finestre, di uguale foggia anche se differenti per dimensioni, caratterizzate da mostre a bugnato e a punte di diamante. Sull’architrave un’incisione riportante l’anno di costruzione, mentre ai lati del portale sono visibili i due stemmi della nobile casata dei Manca, uno scudo su cui spicca un braccio armato. Superato il portale si accede all’androne a volta spezzata sul quale si aprono gli archi a tutto sesto. Il palazzo venne acquisito dall’Amministrazione Comunale nel 1861 e divenne sede della Casa Comunale del governo piemontese in città dal 1879 al 1900. In seguito ospitò la Prefettura, una scuola e uffici comunali. Attualmente è la sede della Biblioteca Comunale.

Il palazzo Manca di Usini rappresenta il primo esempio in Sardegna di architettura civile di tipo rinascimentale. Edificato in forme tardogotiche attorno ai primi decenni del XVI secolo, venne ampliato per volontà di don Jayme Manca, barone di Usini, nel 1577, come attesta l'incisione sulla chiave dell'archivolto del portale, al di sopra dell'epigrafe dedicatoria (ILLVSTRIS DON IACOBVS MANCA DOMINIS OPIDI DE VSINI). L'ampliamento comportò l'aggiunta del corpo anteriore e del prospetto, originariamente articolato in due ordini. Attualmente il palazzo ospita i locali della biblioteca comunale. L'edificio ha subito nel corso dei secoli numerosi rimaneggiamenti, il più vistoso dei quali nel secolo XVIII con l'aggiunta del terzo piano; altri interventi hanno riguardato gli interni e l'apertura di due accessi ai lati del portale; tuttavia la lettura dei caratteri originari non risulta compromessa. Il primo ordine presenta un portale affiancato simmetricamente da due identiche insegne della famiglia Manca e da due finestre nell'ammezzato. Il secondo ordine ha cinque finestre uguali. Il terzo ordine (XVIII sec.) ripete nella disposizione delle finestre il disegno del secondo. Il portale rappresenta l'elemento dominante dell'intero prospetto. Inquadrato da due semicolonne doriche scanalate su piedistallo sormontate da un doppio architrave entro cui è il fregio con l'epigrafe dedicatoria, si articola in un telaio rettangolare che riquadra un arco a tutto sesto. Sia gli elementi verticali sia quelli orizzontali sono fasciati da bugne lisce continue a ventaglio; le parti non bugnate del telaio sono ornate da punte di diamante, motivo ripetuto anche nei cassettoni quadrati della parte interna dei piedritti e dell'intradosso dell'arcata. Le finestre hanno tutte la medesima conformazione, differenziandosi quelle del mezzanino soltanto per le minori dimensioni; il davanzale e il timpano rettilineo aggettante sono entrambi modanati; gli stipiti e l'architrave sono decorati da bugne lisce e diamantate alternate, mentre all'interno ritorna il motivo della punte di diamante poco pronunciate entro cassettoni quadrati. Dal portale si accede a un grande atrio a volta spezzata, sul quale si aprono gli archi a tutto sesto con intradosso scolpito a cassettoni rettangolari degli accessi agli ambienti laterali e allo scalone che porta al secondo piano. Nella parete di fondo dell'atrio è murato lo stemma di un vescovo della famiglia Manca. Un recente restauro, oltre gli elementi rinascimentali, ha portato alla luce anche quelli tardogotici, ravvisabili nei resti di due finestre con architrave traforato sulla parete del piano nobile che prospetta sul cortile interno, murate e sostituite da più tarde finestre rettangolari; nell'epigrafe a caratteri gotici murata in facciata fra il secondo e il terzo piano; e nella nicchia nel secondo piano dell'edificio, nella stanza di facciata superiore all'atrio, con piccola volta a crociera con gemma e peducci scolpiti e tracce di pittura a racemi azzurri su fondo ocra negli spicchi.
Come arrivare Il palazzo prospetta su piazza Tola, facilmente raggiungibile dal corso Vittorio Emanuele II attraverso via Cetti.

Informazioni
Piazza Pasquale Tola
Dal lunedì al giovedì 9.00 - 13.30 / 16.00 - 18.15
Venerdì 9.00 - 13.30
Chiuso il sabato, domenica e festivi
Scavando nella storia di Sassari in Piazza Castello.
Scavando nella storia di Sassari
Dal Castello e dai pozzi medievali una nuova sfida per lo sviluppo

La città si sta progressivamente trasformando. Sono sotto gli occhi di tutti i risultati delle opere pubbliche messe in campo in questi anni.
Gli spazi riconquistati Sassari sta lentamente riconquistando spazi per la cultura (Teatro Civico, Frumentaria); per lo sport (piscine, palestre, campi da calcio e da tennis); riorganizzando la circolazione (rotatorie, parcheggi interrati, piazze e ampie aree pedonali); recuperando parchi e giardini (Monserrato, Li Punti, Baddimanna, Bunnari); migliorando l'ambiente (sottoservizi nel centro storico, nuovo depuratore a Caniga, raccolta differenziata); ridefinendosi a misura di tutti (abbattimento barriere architettoniche, scivoli disabili, percorsi guidati per ipovedenti); rafforzando la solidarietà sociale (centri di aggregazione, il servizio di sostegno per le difficoltà economiche, rete di consultazione di tutti gli operatori); recuperando la sua antica tradizione culturale di qualità con una ricchezza di proposte forse dimenticata (ad esempio maggio sassarese con i suoi 100 eventi); avviando l'aspirazione di città turistica con interventi di valorizzazione ambientale (Argentiera, sentieristica costiera, museo della Miniera, recupero Pozzo Podestà) e attivazione di servizi ricettivi nelle borgate costiere (Ostello della Gioventù). Dalle radici alla modernizzazione Sassari sta finalmente programmando il suo futuro (Piani strategici comunali e sovra comunali). E' una trasformazione che punta al recupero dei ritardi storici e alla modernizzazione della città. In questo quadro di interventi sta ritrovando le radici e la propria storia. Ne è un esempio la scoperta dei resti dell'antico castello aragonese, di cui tutti hanno colto l'importanza in termini di valorizzazione turistica ma anche di documentazione di una storia. Troppo spesso la nostra città ha cancellato le testimonianze del suo passato. In questo quadro il ritrovato Castello può diventare simbolo di una Sassari nuova, proiettata verso il futuro, e moderna ma saldamente legata alle sue tradizioni e al suo passato. Abbiamo imboccato una strada difficile che stiamo percorrendo con tutte le difficoltà che l'innovazione e il recupero dei ritardi comportano. Il nuovo Puc Ci attendono ancora grandi prove: l'approvazione di un piano urbanistico che dopo oltre 20 anni definisca le regole per lo sviluppo della città, rappresenta la grande scommessa. I prossimi mesi saranno decisivi per l'acquisizione delle importanti risorse economiche che la progettazione europea 2007-2013 mette a disposizione della nostra Regione e che potrà consentire, anche alle prossime amministrazioni, la prosecuzione di questo percorso. E' un percorso difficile ma insieme possiamo farlo.

Gianfranco Ganau ex Sindaco di Sassari



Sotto i grattacieli rispunta il castello
Cunicoli e bocche di fuoco nel cosiddetto "antemurale" cinquecentesco



Nella piazza dove i sassaresi hanno ascoltato più volte le sirene della modernità, il passato è riemerso con tutto il suo carico di fascino e misteri. Se il castello fu sacrificato per far spazio a una caserma più funzionale, nel dopoguerra vennero impiantati qui i due grattacieli simbolo della voglia di futuro dell'epoca. Il dissoterramento della fortezza aragonese rimette le cose a posto e restituisce alla piazza tutte le sue funzioni, antiche e moderne. Quelli che stanno emergendo grazie ai lavori del Pit non sono i resti del castello abbattuto nel 1880, ma forse la cosiddetta parte antemurale, realizzata nel Cinquecento e occultata due secoli dopo. Qui l.esplosivo non fece danni perché cunicoli e mura con bocche di fuoco erano state coperte quando si decise di livellare la piazza. In questo scrigno scavato nella roccia si accede attraverso una scala circolare, che conduce ad un corridoio largo circa un metro e mezzo e lungo sette. Il vano, liberato dai detriti, per ora è alto un metro e ottanta e presenta nel lato verso i giardini le bocche di cannone. Le tre finestre circolari sono orientate verso l'attuale centro storico della città, quello che in passato era l'originario nucleo urbano. Lo studio del sito, diretto da Daniela Rovina della Soprintendenza archeologica, proseguirà lungo tutto il perimetro del vecchio castello. Contemporaneamente allo scavo si inizia l'opera di consolidamento della struttura muraria riemersa.
Pietro Masala




Il rifugio antiaereo incrocia la dragonaia
Sotto l'incrocio tra piazza Castello e via Brigata Sassari ce n'è un altro simile, ma decisamente più buio. E' dove si incrontrano i due rami del rifugio antiaereo riemerso durante i lavori. Un'altra chicca dimenticata che sta solleticando l'interesse degli archeologi e la fantasia di chi vorrebbe costruirci un percorso sotterraneo. La galleria scavata nel tufo è uguale a quelle mappate negli anni scorsi un po. in tutti i quartieri della città. In una parte intercetta la dragonaia del castello, famosa per la limpidezza delle sue acque.

Viaggiando nel tempo in fondo al pozzo
Una piccola nocciola portafortuna rimasta intatta per oltre sette secoli. E' uno degli oggetti più affascinanti ritrovato dagli archeologi in fondo al pozzo scoperto in via Sebastiano Satta durante i lavori per il Pit. La nocciola ha un foro all'interno del quale era stata versata una goccia di mercurio che l'aveva trasformata in un amuleto contro il malocchio, come avveniva in Spagna. L'oggetto è vecchissimo perché il pozzo era stato sigillato nel Trecento e rappresenta una delle meraviglie che permetteranno di conoscere meglio le abitudini dei nostri antenati.





La vera storia della demolizione
Intervista a Paolo Cau, direttore dell'Archivio storico comunale
Non si può dire che fu una scelta avventata. Ci vollero diversi decenni per metabolizzare l'idea di cancellare il castello aragonese. A ricostruire la vicenda è il direttore dell'Archivio storico comunale, Paolo Cau, che insieme ai suoi collaboratori ha ripreso in mano i faldoni sul castello conservati all'ultimo piano di Palazzo Ducale. Quella scelta così criticata dai posteri non fu un colpo di testa. Direi di no. E' una storia che, come si suole dire, viene da lontano: almeno dagli anni Quaranta dell'Ottocento. Si voleva dotare la città di una caserma dove poter alloggiare un distaccamento consistente di militari. Probabilmente in origine non venne messo in discussione il trecentesco castello aragonese che proprio in quei tempi aveva una destinazione d'uso polifunzionale: prigione al piano terra, caserma dei Carabinieri Reali al primo piano. Una torre era destinata a carcere per i condannati a morte. In quale terreno doveva sorgere la caserma? In origine era stata destinato il lotto numero 17 delle cosiddette "Appendici", l'area che nel Piano di ampliamento della città del 1837 doveva sorgere oltre la linea del castello. Invece la prima ala della caserma venne costruita nel 1863 sull'attuale via Cagliari. Un documento dell'epoca (pubblicato sotto) ipotizza addirittura un collegamento (presumibilmente temporaneo) tra i due edifici. Quand'è che la caserma ebbe la meglio sulla vecchia fortezza? Nel 1867 il castello versava in pessime condizioni. Il Consiglio comunale chiese che venisse abbattuta una parte del maniero per allargare la piazza, e che le macerie venissero utilizzate per proseguire i lavori della caserma. Così, si legge nella delibera, si poteva anche garantire "un impiego alla manodopera locale e anche a quei coatti confinati in città, altrimenti destinati all'accattonaggio". Quali furono le tappe successive? Dopo lunghe trattative e ripensamenti, nel 1874 il Comune si impegnò a cedere all'Amministrazione militare un'area verso viale Umberto. Nel 1876 venne pubblicato l'avviso d'asta per la demolizione del castello e la costruzione della caserma. Per l'opera vennero stanziate 450mila lire. I lavori, iniziati nel 1877, furono funestati da quelle che oggi chiamiamo "morti bianche". Due operai morirono nella costruzione della caserma. Leggendo le carte, colpisce la durezza delle parole adoperate dal presidente della Società di mutuo soccorso: "...il nostro soccorso, tenue sì, valga però ad addimostrare la solidarietà coi fratelli operai muratori ed protestare contro la ingiustizia che vuole immuni gli avari speculatori causa del massacro dei fratelli nostri". Il castello venne quindi abbattuto senza pentimenti. Dopo l'iniziale consenso, ci fu un ripensamento sulla validità dell'intervento. A distanza di quarant'anni ci fu chi, come il senatore Giuseppe Giordano Apostoli nel 1919, addirittura ipotizzò la ricostruzione della sola facciata del castello.

Maria Grazia Ledda

Il Castello Aragonese.
Il Barbacane
Dopo la cacciata del podestà genovese, avvenuta nel 1323, i sassaresi stipularono un’alleanza con Barcellona. Ben presto i cittadini mostrarono il loro malcontento verso i nuovi dominatori e ciò portò tra il 1324 e il 1326 alle prime ribellioni. Nel giugno del 1326 si conclusero le ostilità con la firma della pace e furono versati tremila lire di alfonsini agli aragonesi per finanziare la costruzione di un castello, al fine di controllare la città.
La fortificazione venne probabilmente ultimata nel 1331. Venuta meno la sua funzione militare divenne sede dell’Inquisizione dal 1564. La fortezza fu completamente abbattuta tra il 1877 e il 1880 per far posto alla caserma “La Marmora”. Tra la metà del 1400 e il 1503 fu realizzato il barbacane, una nuova struttura difensiva all’interno del fossato, sotto la facciata del Castello, funzionale alla difesa e all’attacco con le nuove armi da fuoco. Gli scavi archeologici ne hanno riportato in luce l’intera struttura, costituita da due corridoi sovrapposti lunghi circa 80 metri, l’inferiore dotato di ventisei bocche da fuoco per archibugi. Probabilmente la struttura rimase in uso sino alla fine del XVI secolo, quando il castello perse la sua funzione militare, risultando quasi del tutto interrata alla fine del Settecento. Durante gli scavi in piazza Castello è stato scoperto anche un piccolo ambiente a campana scavato nella roccia, forse in origine un silos del Castello, utilizzato come prigione nel primo periodo dell’Inquisizione.





Informazioni
Piazza Castello
Martedì 10.00 – 13.00
Dal mercoledì al sabato 10.00 - 13.00 / 16.30 - 19.30
Domenica 10.00 - 13.00 Chiuso il lunedì e festivi

La Fontana di Rosello Monumento storiico di Sassari orari per le visite turistiche e come arrivare.
Fontana di Rosello
Come arrivare Attraverso il corso Trinità si arriva alla Fontana per la settecentesca rampa di scale che fiancheggia la chiesa della Santissima Trinità. La fontana sorge all'esterno dell'antica cerchia muraria cittadina.
Orari per le visite turistiche all'area monumentale della Fontana di Rosello: martedì mattina dalle 10 alle 13, dal mercoledì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, domenica mattina 10/13, lunedì e festivi chiuso.
Le più antiche notizie sulla fontana di Rosello risalgono al 1295. L'importanza per l'approvvigionamento idrico della città è testimoniata dai numerosi interventi di manutenzione e restauro che la municipalità le ha rivolto nel corso dei secoli. Non si ha alcuna descrizione della configurazione medievale, fatta eccezione per la notizia che informa che l'acqua usciva da dodici cannelle di bronzo in forma di teste leonine. L'aspetto attuale è il risultato dei lavori di sistemazione avvenuti nel primo decennio del XVII secolo, che hanno dato al monumento le forme del Manierismo severo. Sebbene non vi siano elementi per collegare l'esecuzione dell'opera a un preciso nome o bottega, non è da escludere che alla sua realizzazione abbiano preso parte maestranze liguri, come di frequente accadeva per molti manufatti scultorei giunti o eseguiti in Sardegna nel XVII secolo.
La Fontana di Rosello di Sassari, informazioni turistche culturali e storiche di questo antico Monumento della Città.
La fontana è composta da due corpi a cassone, di cui il superiore rientrato, con paramento in marmo bianco e partiture geometriche in marmo grigio; su tre lati al di sotto della cornice del cassone inferiore corre l'iscrizione dedicatoria che testimonia i lavori eseguiti tra il 1605 e il 1606 sotto il sovrano Filippo III, mentre il quarto lato è decorato a fogliame. Sugli angoli di ciascun cassone si innalzano le torri quadrangolari simbolo della città; un'ulteriore torre, circolare, più grande delle altre e con inciso lo stemma di Aragona, si trova sul lato del corpo inferiore rivolto all'abitato. L'acqua sgorga da otto mascheroni alla base della struttura - tre su ciascun lato maggiore e uno sui lati minori - e dalle statue agli angoli che rappresentano le stagioni. Queste, aggiunte nel 1828, sostituiscono le originali collocate nel 1603 e andate distrutte durante i moti antifeudali del 1795; di esse sopravvive solo quella raffigurante l'Estate, molto danneggiata e attualmente custodita all'interno del Palazzo Ducale. Anche le due arcate incrociate, alla cui sommità, su un plinto, stava la statua di San Gavino, sono andate perdute e ricostruite nel 1843, mentre la statua di San Gavino è una copia moderna dell'originale. Al di sotto della crociera una quinta statua, originaria, raffigura un dio fluviale sdraiato e testimonia dell'impostazione manieristica che caratterizzava tutto l'apparato scultoreo. La figura della fontana così configurata venne rappresentata per la prima volta dal pittore gesuita Giovanni Bilevelt nell'Incoronazione della Vergine, nell'altare del transetto d. della chiesa di Gesù e Maria (oggi Santa Caterina), dipinta entro il terzo decennio del Seicento.
Storia degli studi La fontana è oggetto di sintetica scheda nel volume di Maria Grazia Scano sulla pittura e scultura sei-settecentesca in Sardegna (1991).
Bibliografia
A. Della Marmora, Itinerario dell'isola di Sardegna, Cagliari, Alagna, 1868; E. Costa, Sassari, I, Sassari, 1909; A. Satta, La fonte di Rosello: notizie tecniche e cenni storici, Sassari, 1916; C. Maltese, Arte in Sardegna dal V al XVIII, Roma, De Luca, 1962; V. Mossa, Architetture sassaresi, Sassari, Gallizzi, 1965; F. Caratelli, Rosello, Sassari 1977; M.G. Scano Naitza, Pittura e scultura del '600 e del '700, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 1991, sch. 34; M. Porcu Gaias, Sassari. Storia architettonica e urbanistica dalle origini al '600, Nuoro, Ilisso, 1996; F. Caratelli, L'acqua del Rosello, Sassari 2003.
Storia del Liceo Classico “D.A. Azuni” e della sua costruzione avvenuta tra il 1930 e il 1933 a Sassari
Liceo classico "D.A. Azuni"
Come arrivare Sassari è la seconda città dell'isola. Il liceo Azuni è nell'abitato. L'edificio è situato nel centro storico della città.
Storia dell'Edificio. L'edificio ha vicende costruttive lunghe e travagliate, cominciate già nel 1910 con un progetto non approvato e sostituito soltanto nel 1929 da quello finalmente realizzato e terminato nel 1933 su disegno dell'ingegnere Giuseppe Caporioni con l'intervento, per la facciata, dell'architetto Augusto Valente. La vasta costruzione si mette in evidenza per il lungo fronte segnato verticalmente da lesene con due avancorpi laterali, raccordati tramite un blocco centrale su tre livelli, preceduto da una doppia scalinata parallela alla facciata. Un alto zoccolo in vulcanite stacca il piano terreno dall'elevazione dell'edificio che utilizza ancora la pietra vulcanica nelle cornici, nelle finestre centrali e nelle trifore, con risultati basati su principi di ordine e simmetria classicheggianti. All'interno luminosi e larghi corridoi servono i vari piani raccordati da scale ampie con ringhiere in ferro battuto, che conducono alle aule, agli uffici amministrativi e agli ambienti comuni e di rappresentanza.
Nel 1933 il pittore Mario Delitala, incaricato di dipingere l'aula magna, realizzò soggetti ispirati all'indirizzo classico dell'istituto ("Eracle e Chirone, i Giganti") con un linguaggio figurativo tradizionale.
Storia degli studi Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).

Bibliografia
E. Cenami-P. Simonetti, "Architettura e città", in Sassari tra Liberty e Déco, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1987, p. 42; M.L. Frongia, Mario Delitala, Nuoro, Ilisso, 1999, pp. 130-135; G. Altea-M. Magnani, Pittura e scultura dal 1930 al 1960, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2000, p. 32; F. Masala, Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 66.

F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 66: Augusto Valente, Giuseppe Caporioni, Liceo Classico “D.A. Azuni”, 1930-33 Sassari
La vicenda costruttiva del Liceo comincia nel 1910 quando il sindaco incaricò l’ing. Vincenzo Tonni Razza e il prof. Giovanni Loriga del progetto, presentato due anni dopo, ma sottoposto al Genio Civile soltanto nel 1920 e non approvato per le gravi carenze (compresa la tassativa esclusione dei bagni!). Quattro anni dopo fu l’ing. Carlo Sgroj a ricevere l’incarico e poi l’ingegnere capo del Genio Pasquale Chessa, ma il Provveditorato alle Opere Pubbliche non approvò né questo progetto (1927), né quello modificato dall’ufficio tecnico del Comune (1928).


Il podestà, quindi, nel 1929 deliberò l’incarico al Genio Civile, che predispose exnovo il progetto, finalmente realizzato e terminato nel 1933, su disegno dell’ing. Giuseppe Caporioni con l’intervento, per la facciata, dell’arch. Augusto Valente, secondo la prassi che ancora scindeva la parte strutturale dall'abbellimento esterno. Di questo rimane l’impianto generale, ma non alcuni dettagli come i timpani spezzati con stemma e le bugne nelle cornici delle finestre, eliminati per ragioni economiche. Già in sede di ideazione si volle attenuare l’estensione in lunghezza del lotto disponibile con l’inserimento delle lesene che ritmano l’ampio edificio, costruito in prossimità degli istituti scientifici dell’Università. Si tratta comunque di un gusto che riprende l’architettura ufficiale degli istituti di istruzione, rimarcata dall’impiego di trachite nello zoccolo, nelle cornici, nelle finestre centrali e nelle trifore, e di una ossatura di mattoni con finitura in malta cementizia mescolata a colore per imitare la pietra naturale, con una evidente gerarchia rispettata anche nelle diverse parti della costruzione. Gli interni si caratterizzano per ampi e funzionali spazi di distribuzione per gli studenti, sottolineati da una decorazione semplice e raffinata, non certamente consueta nel mondo dell’istruzione scolastica, attento agli aspetti eminentemente economici. È quindi interessante ricordare che nel 1933 il pittore Mario Delit ala, incaricato di decorare l’Aula Magna, realizzò soggetti più consoni all’indirizzo classico dell’istituto (Eracle e Chirone, i Giganti) con un linguaggio che si fece meno realistico rispetto all’Aula Magna universitaria, indulgendo ad una veste più classicista, in perfetta consonanza con la semplice funzionalità dello spazio a disposizione.
Banco di Sardegna
Come arrivare Il palazzo è situato lungo il viale Umberto, limitrofo al centro storico cittadino. Il palazzo nacque per ospitare la sede del Credito Agrario. Oggi è la sede della Fondazione del Banco di Sardegna.
Storia Costruito intorno al 1928 su progetto dell'ingegnere Bruno Cipelli, che ne fornì due versioni con una progressiva riduzione di elementi legati al linguaggio accademico (19249, l'edificio ha un pesante bugnato nel basamento con archi ben evidenziati lungo tutto il fronte. Il corpo centrale aggettante è chiuso da un cornicione decorato e segnato verticalmente da alte paraste che inquadrano le aperture "serliane" con arco e architravi retti da colonne. Le due parti laterali hanno finestre simmetriche, ma differenti nei vari piani: in quello centrale le aperture ad arco sono sormontate da un'elegante cornice orizzontale, nell'ultimo le aperture rettangolari sono decorate con festoni e timpani curvilinei. La costruzione acquista maggiore respiro nella facciata posteriore, peraltro la meno visibile, a causa del dislivello che consente altezza e sviluppo maggiori.


F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 63: Edifici di Bruno Cipelli Sassari
A partire dal 1920, la decisione di dare un’adeguata sede alle Poste portò a discutere sul luogo da scegliere, individuato di volta in volta nel viale Umberto, nell’Emi ciclo Garibaldi, nella piazza d’Armi e addirittura nel “Castello” da ricostruire, spostando la caserma alla fine di via Pascoli. La scelta definitiva cadde su un’area espropriata all’orfanotrofio cittadino, decisamente infelice per la ristrettezza della via che sacrifica l’ampia facciata dell’edificio progettato nel 1922 dall’ing. Bruno Cipelli (1899-1970) e completato nel 1928. Esso si articola nel lungo prospetto particolarmente interessante nella parte centrale “per la non mal riuscita fusione degli elementi moderni, mentre rimangono in migliore vista le ali che per povertà di elementi decorativi e inadeguato rapporto di pieni e vuoti avrebbero potuto senza danno rimanere celate” (L. Valentino). In realtà in un edificio accademico che riprende pienamente il linguaggio del primo dopoguerra, si notano alcuni partiti ornamentali di grande eleganza che vanno dalle simboliche teste di Medusa ai listelli verticali sotto le finestre centrali fino alle snelle colonnine che separano le luci del livello centrale. È sempre Cipelli l’autore del Credito Agrario, oggi sede del Banco di Sardegna, per il quale le due versioni rivelano una progressiva ma non definitiva riduzione di elementi accademici privi dell’eleganza formale degli altri due edifici. Entrambi i progetti hanno un pesante bugnato nel basamento con archi ben evidenziati e serrati per le aperture nella prima versione, che diventano più agili serliane nella definitiva. Paradossalmente l’edificio acquista maggiore respiro nella facciata posteriore, peraltro la meno vi
sibile, a causa del dislivello che consente altezza e sviluppo maggiori.


Palazzo della Provincia di Sassari cosa vedere come arrivare, informazioni storiche e turistiche.
Palazzo della Provincia di Sassari
Come arrivare Sassari è la seconda città della Sardegna. Il palazzo delle Provincia prospetta sulla centralissima piazza d'Italia. Il palazzo fa parte della sistemazione monumentale di piazza d'Italia, la più importante della città ottocentesca. Al centro sorge il monumento con la statua marmorea di Vittorio Emanuele II.
Storia Nel corso dell'Ottocento vennero realizzate numerose opere ed infrastrutture che avviavano Sassari ad uniformarsi al processo di modernizzazione tipico di quegli anni. In seguito all'unità d'Italia si procedette alla costruzione dei palazzi provinciali, sedi di Prefetture, che sommavano uffici, sale di rappresentanza e di adunanza all'abitazione del Prefetto. Il palazzo si affaccia sul lato NE dell'ampia area quadrangolare di piazza d'Italia costituendone il solenne fondale scenografico. La struttura architettonica è ancor oggi l'emergenza più significativa e simbolicamente pregnante della piazza. Già nel 1872 il Consiglio provinciale aveva istituito una commissione per l'acquisto di Palazzo Ducale o. in alternativa, per il progetto di massima di un edificio che per decoro, ampiezza e comodità potesse rispondere ai bisogni della Provincia. Prevalse, non senza polemiche, la seconda ipotesi caldeggiata dal partito moderato allora al potere e osteggiata dal partito progressista che invocava una maggiore austerità nella spesa pubblica. Contemporaneamente l'amministrazione comunale, anch'essa di orientamento moderato, deliberò di cedere a titolo gratuito l'area del lato NE della piazza d'Italia. L'incarico fu affidato al cavalier Giovanni Borgnini, il quale pretese di essere affiancato dall'ingegner Eugenio Sironi che finì per assumere il ruolo di progettista e direttore dei lavori, mentre al primo spettò un ruolo di supervisione sulla fabbrica. I lavori si protrassero dal 1873 fino al 10 luglio del 1880 quando entrò in funzione l'orologio civico a coronamento della facciata. Esternamente l'edificio è impostato secondo accenti neorinascimentali, con un corpo centrale in lieve aggetto, scandito nei piani superiori da sei semicolonne corinzie di ordine gigante che digradano in lesene assecondando il leggero arretramento dei corpi laterali. Nell'insieme e nonostante l'adesione a stilemi accademici abbastanza standardizzati il palazzo si colloca sia per le dimensioni sia per la funzionalità degli spazi sia, ancora, per la qualità degli interventi decorativi, fra i migliori edifici amministrativi d'Italia. Tra il 1878 e il 1882 il catanese Giuseppe Sciuti decorò il salone consiliare, mentre le altre sale di rappresentanza furono affidate, tra il 1877 e il 1878, ai pittori Giovanni Dancardi e Davide Dechiffer. L'affresco della volta presenta un'ampia e complessa allegoria della storia d'Italia che dall'oscura fase primigenia arriva svolgendosi fino a comprendere la luminosa età moderna. In questo scenario campeggia in apoteosi la figura di Vittorio Emanuele II che, sostenendo la figura dell'Italia liberata, promuove il progresso, rappresentato da una locomotiva e dal telegrafo. L'opera nel complesso rappresenta un importante esempio di verismo storico di secondo Ottocento, che vedeva nello Sciuti uno dei principali esponenti.

Storia degli studi Una rassegna degli studi si trova nella bibliografia relativa alla scheda nel volume della "Storia dell'arte in Sardegna" sull'architettura otto-novecentesca (2001).

Bibliografia
F. Masala, Architettura dall'Unità d'Italia alla fine del '900, collana "Storia dell'arte in Sardegna", Nuoro, Ilisso, 2001, sch. 19.


F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 2001  sch. 19: Giovanni Borgnini, Eugenio Sironi, Palazzo della Provincia, 1873-80 Sassari
Il palazzo si affaccia sul lato nord-est dell’ampia area quadrangolare di piazza d’Italia costituendone il solenne fondale scenografico. La struttura architettoni ca è ancor oggi l’emergenza più significativa e simbolicamente pregnante della piazza. Già nel 1872 il Consiglio provinciale aveva istituito una commissione per l’acquisto di Palazzo Ducale o, in alternativa, per il progetto di massima di un edificio che per decoro, ampiezza e comodità potesse rispondere ai bisogni della Provincia. Prevalse, non senza polemiche, la seconda ipotesi caldeggiata dal partito moderato allora al potere e osteggiata dal partito progressista che invocava una maggiore austerità nella spesa pubblica. Contemporaneamente l’amministrazione comunale, anch’essa di orientamento moderato, deliberò di cedere a titolo gratuito l’area del lato nord-est della piazza d’Italia. L’incarico fu affidato al cav. Giovanni Borgnini, il quale pretese di essere affiancato dall’ingegner Eugenio Sironi che finì per assumere il ruolo di progetti sta e direttore dei lavori, mentre al primo spettò un ruolo di supervisione sulla fabbrica. I lavori si protrassero dal 1873 fino al 10 luglio del 1880 quando entrò in funzione l’orologio civico posto a coronamento della facciata. Tra il 1878 e il 1882 il catanese Giuseppe Sciuti decorò il salone consiliare, mentre le altre sale di rappresentanza furono affidate, tra il 1877 e il 1878, ai pittori Giovanni Dancardi e Davide Dechiffer. Esternamente l’edificio è impostato secondo stilemi dai forti accenti neorinascimentali e accademici, con un corpo centrale in lieve aggetto, scandito nei piani superiori da sei semicolonne corinzie di ordine gigante che digradano in lesene assecondando il leggero arretramento dei corpi laterali. Nell’insieme e nonostante l’adesione a stilemi accademici abbastanza standardizzati il Palazzo si colloca sia per le dimensioni sia per la funzionalità degli spazi sia, ancora, per la qualità degli interventi decorativi, fra i migliori edifici amministrativi d’Italia (V. Mossa 1986).

Palazzo della Provincia di Sassari cosa vedere come arrivare, informazioni storiche e turistiche.
 

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