Scavando nella storia di Sassari
Dal Castello e dai pozzi medievali una nuova sfida per lo sviluppo
La città si sta progressivamente trasformando. Sono sotto gli occhi di tutti i risultati delle opere pubbliche messe in campo in questi anni.
Gli spazi riconquistati Sassari sta lentamente riconquistando spazi per la cultura (Teatro Civico, Frumentaria); per lo sport (piscine, palestre, campi da calcio e da tennis); riorganizzando la circolazione (rotatorie, parcheggi interrati, piazze e ampie aree pedonali); recuperando parchi e giardini (Monserrato, Li Punti, Baddimanna, Bunnari); migliorando l'ambiente (sottoservizi nel centro storico, nuovo depuratore a Caniga, raccolta differenziata); ridefinendosi a misura di tutti (abbattimento barriere architettoniche, scivoli disabili, percorsi guidati per ipovedenti); rafforzando la solidarietà sociale (centri di aggregazione, il servizio di sostegno per le difficoltà economiche, rete di consultazione di tutti gli operatori); recuperando la sua antica tradizione culturale di qualità con una ricchezza di proposte forse dimenticata (ad esempio maggio sassarese con i suoi 100 eventi); avviando l'aspirazione di città turistica con interventi di valorizzazione ambientale (Argentiera, sentieristica costiera, museo della Miniera, recupero Pozzo Podestà) e attivazione di servizi ricettivi nelle borgate costiere (Ostello della Gioventù). Dalle radici alla modernizzazione Sassari sta finalmente programmando il suo futuro (Piani strategici comunali e sovra comunali). E' una trasformazione che punta al recupero dei ritardi storici e alla modernizzazione della città. In questo quadro di interventi sta ritrovando le radici e la propria storia. Ne è un esempio la scoperta dei resti dell'antico castello aragonese, di cui tutti hanno colto l'importanza in termini di valorizzazione turistica ma anche di documentazione di una storia. Troppo spesso la nostra città ha cancellato le testimonianze del suo passato. In questo quadro il ritrovato Castello può diventare simbolo di una Sassari nuova, proiettata verso il futuro, e moderna ma saldamente legata alle sue tradizioni e al suo passato. Abbiamo imboccato una strada difficile che stiamo percorrendo con tutte le difficoltà che l'innovazione e il recupero dei ritardi comportano. Il nuovo Puc Ci attendono ancora grandi prove: l'approvazione di un piano urbanistico che dopo oltre 20 anni definisca le regole per lo sviluppo della città, rappresenta la grande scommessa. I prossimi mesi saranno decisivi per l'acquisizione delle importanti risorse economiche che la progettazione europea 2007-2013 mette a disposizione della nostra Regione e che potrà consentire, anche alle prossime amministrazioni, la prosecuzione di questo percorso. E' un percorso difficile ma insieme possiamo farlo.
Gianfranco Ganau ex Sindaco di Sassari
Sotto i grattacieli rispunta il castello
Cunicoli e bocche di fuoco nel cosiddetto "antemurale" cinquecentesco
Nella piazza dove i sassaresi hanno ascoltato più volte le sirene della modernità, il passato è riemerso con tutto il suo carico di fascino e misteri. Se il castello fu sacrificato per far spazio a una caserma più funzionale, nel dopoguerra vennero impiantati qui i due grattacieli simbolo della voglia di futuro dell'epoca. Il dissoterramento della fortezza aragonese rimette le cose a posto e restituisce alla piazza tutte le sue funzioni, antiche e moderne. Quelli che stanno emergendo grazie ai lavori del Pit non sono i resti del castello abbattuto nel 1880, ma forse la cosiddetta parte antemurale, realizzata nel Cinquecento e occultata due secoli dopo. Qui l.esplosivo non fece danni perché cunicoli e mura con bocche di fuoco erano state coperte quando si decise di livellare la piazza. In questo scrigno scavato nella roccia si accede attraverso una scala circolare, che conduce ad un corridoio largo circa un metro e mezzo e lungo sette. Il vano, liberato dai detriti, per ora è alto un metro e ottanta e presenta nel lato verso i giardini le bocche di cannone. Le tre finestre circolari sono orientate verso l'attuale centro storico della città, quello che in passato era l'originario nucleo urbano. Lo studio del sito, diretto da Daniela Rovina della Soprintendenza archeologica, proseguirà lungo tutto il perimetro del vecchio castello. Contemporaneamente allo scavo si inizia l'opera di consolidamento della struttura muraria riemersa.
Pietro Masala
Il rifugio antiaereo incrocia la dragonaia
Sotto l'incrocio tra piazza Castello e via Brigata Sassari ce n'è un altro simile, ma decisamente più buio. E' dove si incrontrano i due rami del rifugio antiaereo riemerso durante i lavori. Un'altra chicca dimenticata che sta solleticando l'interesse degli archeologi e la fantasia di chi vorrebbe costruirci un percorso sotterraneo. La galleria scavata nel tufo è uguale a quelle mappate negli anni scorsi un po. in tutti i quartieri della città. In una parte intercetta la dragonaia del castello, famosa per la limpidezza delle sue acque.
Viaggiando nel tempo in fondo al pozzo
Una piccola nocciola portafortuna rimasta intatta per oltre sette secoli. E' uno degli oggetti più affascinanti ritrovato dagli archeologi in fondo al pozzo scoperto in via Sebastiano Satta durante i lavori per il Pit. La nocciola ha un foro all'interno del quale era stata versata una goccia di mercurio che l'aveva trasformata in un amuleto contro il malocchio, come avveniva in Spagna. L'oggetto è vecchissimo perché il pozzo era stato sigillato nel Trecento e rappresenta una delle meraviglie che permetteranno di conoscere meglio le abitudini dei nostri antenati.
La vera storia della demolizioneIntervista a Paolo Cau, direttore dell'Archivio storico comunale
Non si può dire che fu una scelta avventata. Ci vollero diversi decenni per metabolizzare l'idea di cancellare il castello aragonese. A ricostruire la vicenda è il direttore dell'Archivio storico comunale, Paolo Cau, che insieme ai suoi collaboratori ha ripreso in mano i faldoni sul castello conservati all'ultimo piano di Palazzo Ducale. Quella scelta così criticata dai posteri non fu un colpo di testa. Direi di no. E' una storia che, come si suole dire, viene da lontano: almeno dagli anni Quaranta dell'Ottocento. Si voleva dotare la città di una caserma dove poter alloggiare un distaccamento consistente di militari. Probabilmente in origine non venne messo in discussione il trecentesco castello aragonese che proprio in quei tempi aveva una destinazione d'uso polifunzionale: prigione al piano terra, caserma dei Carabinieri Reali al primo piano. Una torre era destinata a carcere per i condannati a morte. In quale terreno doveva sorgere la caserma? In origine era stata destinato il lotto numero 17 delle cosiddette "Appendici", l'area che nel Piano di ampliamento della città del 1837 doveva sorgere oltre la linea del castello. Invece la prima ala della caserma venne costruita nel 1863 sull'attuale via Cagliari. Un documento dell'epoca (pubblicato sotto) ipotizza addirittura un collegamento (presumibilmente temporaneo) tra i due edifici. Quand'è che la caserma ebbe la meglio sulla vecchia fortezza? Nel 1867 il castello versava in pessime condizioni. Il Consiglio comunale chiese che venisse abbattuta una parte del maniero per allargare la piazza, e che le macerie venissero utilizzate per proseguire i lavori della caserma. Così, si legge nella delibera, si poteva anche garantire "un impiego alla manodopera locale e anche a quei coatti confinati in città, altrimenti destinati all'accattonaggio". Quali furono le tappe successive? Dopo lunghe trattative e ripensamenti, nel 1874 il Comune si impegnò a cedere all'Amministrazione militare un'area verso viale Umberto. Nel 1876 venne pubblicato l'avviso d'asta per la demolizione del castello e la costruzione della caserma. Per l'opera vennero stanziate 450mila lire. I lavori, iniziati nel 1877, furono funestati da quelle che oggi chiamiamo "morti bianche". Due operai morirono nella costruzione della caserma. Leggendo le carte, colpisce la durezza delle parole adoperate dal presidente della Società di mutuo soccorso: "...il nostro soccorso, tenue sì, valga però ad addimostrare la solidarietà coi fratelli operai muratori ed protestare contro la ingiustizia che vuole immuni gli avari speculatori causa del massacro dei fratelli nostri". Il castello venne quindi abbattuto senza pentimenti. Dopo l'iniziale consenso, ci fu un ripensamento sulla validità dell'intervento. A distanza di quarant'anni ci fu chi, come il senatore Giuseppe Giordano Apostoli nel 1919, addirittura ipotizzò la ricostruzione della sola facciata del castello.
Maria Grazia Ledda