Letteratura contemporanea in Sardegna
Il secondo dopoguerra si caratterizza in Sardegna per il "ritorno" a una sia pur limitata forma di autogoverno. Nel 1948 la Repubblica Italiana concede alla Sardegna lo status di Regione Autonoma a Statuto Speciale con un proprio esecutivo e un consiglio regionale in grado di legiferare. Il dibattito culturale si orienta sul ruolo degli intellettuali nel processo di "Rinascita" dell'isola. In particolare, assume rilievo l'esperienza della rivista "Ichnusa" (1949-62) diretta da Antonio Pigliaru, intellettuale che scrive "La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico". L'eredità del pensiero di Antonio Gramsci in Sardegna è fortissima anche per la presenza dell'isola negli scritti dell'intellettuale antifascista. A parte Giuseppe Dessì, Salvatore Cambosu e Salvatore Satta, si distinguono per la creazione di opere letterarie in italiano Franco Solinas, Maria Giacobbe, Paride Rombi, Giuseppe Fiori, Gonario Pinna, Francesco Masala, Antonio Cossu, Francesco Zedda, Antonio Puddu. Il fallimento della industria petrolchimica, nella quale si pretendeva di investire gli ingenti interventi finanziari di aiuto dello Stato, genera dagli anni settanta in poi un diffuso senso di sfiducia nei confronti della nuova era autonomistica. Si riscopre l'uso della lingua sarda (minacciata di estinzione dai nuovi mezzi di comunicazione di massa) e si crea un movimento per il suo riconoscimento come lingua ufficiale. Michelangelo Pira per la letteratura in sardo, e Sergio Atzeni per quella in italiano, aprono nuove stagioni e prospettive.
Secondo Giovanni Pirodda, storico della letteratura tra i più affermati, per un certo periodo, intorno agli anni settanta, la pubblicazione di opere di autore sardo coincide con una certa "idea" della Sardegna. Una visione di un luogo fuori dalla storia, mitico, isolato, selvaggio. Forse per questo "Il giorno del giudizio" di Salvatore Satta e "Padre padrone" di Gavino Ledda diventano casi letterari. Il neosardismo, corrente politico-culturale che rivendica un diverso status per lingua, identità e sovranità dell'isola, porta a un rinvigorimento della letteratura in "limba" che scopre lentamente la via della prosa scritta nella forma del romanzo. Per la prosa in italiano si distinguono negli anni ottanta Salvatore Mannuzzu con "Procedura" e Giulio Angioni con "L'oro di Fraus" che fondano, in qualche modo, una corrente letteraria giallistica basata sull'investigazione poliziesca. Anche Bachisio Zizi con "Erthole" e Michele Columbu con "Senza un perché" riescono a mettersi in evidenza. Negli ultimi anni la produzione letteraria sarda si è allargata a dismisura (in particolare quella basata sulla investigazione poliziesca) proponendo diversi nomi e titoli sui quali ancora la critica letteraria non ha espresso giudizi definitivi. Fino al caso emblematico della scrittore Nicola Lecca, cagliaritano di nascita, che raggiunge una certa notorietà nazionale, ma annulla completamente nella sua opera la sardità quale misura e essenza dello scrivere. Una tendenza a superare i confini isolani che si scontra e coesiste con il costante lavoro degli intellettuali al lavoro sul tema dell'identità dell'isola.