Oristanese Le Vie del Gusto
UNA TERRA DI TESORI GASTRONOMICI
"Alla scoperta delle più preziose delizie per il palato: dalla bottarga,
“il caviale dei sardi”, alla dorata Vernaccia, dalle saporite carni della razza
sardo-modicana a un olio extravergine tra i più profumati d’Italia"
DI DANIELE CASALE E EMILIANO FARINA
"Fu il primo giorno del mese di maggio, con un tempo magnifico, che visitai gli orti, o piuttosto la foresta, d’aranci di Milis, quest’ornamento della Sardegna che conta più di 50.000 alberi e la cui vicinanza mi fu annunciata da una brezza profumata. (...). Uno strato solido di fiori d’arancio copriva il suolo (...). L’abbondanza dei frutti è prodigiosa: lunghi bastoni e sarmenti sostengono i rami piegati, spesso, sotto il carico delle arance e dei limoni, che non ammontano mai, in un’annata media, a meno di dieci milioni”.
Il bibliotecario del re di Francia a Versailles Antoine Valéry (1789-1847) fu soltanto uno dei tanti viaggiatori che, tra il Settecento e i primi decenni del Novecento, visitarono la Sardegna e rimasero incantati dall’imponenza degli agrumeti di Milis, impiantati nel 1300 dai frati camaldolesi e ancora oggi, per il sapore dei loro frutti, tra i più pregiati dell’isola. Comincia dalle arance di Milis, quei “globi rossi o dorati” ai quali Valéry dedica un intero capitolo nel suo Viaggio in Sardegna, l’itinerario tra sapori, aromi e gusti nella provincia di Oristano, la più piccola della Sardegna (2631 chilometri quadrati e 160 mila abitanti sparsi in 78 comuni). È anche la meno pubblicizzata nei circuiti turistici internazionali, ma quella che offre al suo visitatore pietanze eccellenti e tra le più raffinate: dalla bottarga di Cabras alle cozze e arselle di Arborea e Marceddì, dall’olio extravergine di Seneghe ai dolci mostaccioli di Oristano, fino ad arrivare ai vini fra cui la pregiata Vernaccia. Ogni prodotto di questa zona ha alle spalle una tradizione antichissima, secolare o millenaria, e con il passare del tempo è riuscito a conservare il gusto originario. Il mare e la montagna, la mitezza del clima e una terra fertile bagnata dal Tirso, il fiume più lungo dell’isola, hanno sapientemente “modellato” i piatti di una cucina semplice di fattura ma allo stesso tempo genuina e ricca di sapore.
Dalle pianure del piccolo centro di Milis, meta tra gli altri di Vittorio Emanuele II e di scrittori come Honoré de Balzac, Grazia Deledda e Gabriele D’Annunzio, ai pascoli del Montiferru, il viaggio è breve. In questo altopiano basaltico, dove in tempi remoti sputava fuoco il vulcano più grande della Sardegna, ora si alleva una razza bovina – la Sardo-Modicana – le cui carni sono considerate tra le più saporite d’Italia. A donare un gusto inconfondibile, le erbe profumate dei pascoli in cui si nutrono. Siamo infatti tra i 400 e i 900 metri sul mare e il terreno di origine vulcanica fa sì che l’erba rimanga fresca anche d’estate. Qui si alleva il “bue rosso”, praticamente scomparso fino a qualche anno fa e ora così rivalutato per il gusto intenso che è diventato una vera specialità. Gli allevatori della zona sono riusciti a valorizzarlo e hanno creato un consorzio, di cui fanno parte circa 40 aziende che gestiscono una settantina di allevamenti. Gli animali vivono allo stato semibrado, alimentandosi soltanto di erba fresca. E a tavola la differenza si sente. Chi commercia o serve la carne della Sardo-Modicana consiglia di gustarla come si cucinava in altri tempi, arrosto. Dalle parti di Santu Lussurgiu, piccolo paese rinomato soprattutto per il suo artigianato, si può assaggiare un’altra specialità, sempre derivata dai bovini del Montiferru: il casizolu, formaggio a pasta filata dalla caratteristica forma di pera, con un peso tra i 3 e i 5 chili. Anche in questo caso, una lunga tradizione fatta rivivere ha potuto salvare un prodotto destinato all’oblio. Conosciuto sin dal Medioevo e originariamente lavorato soltanto dalle donne durante l’inverno, ora fa parte della rosa delle specialità gastronomiche della zona. Fresco è ottimo per preparare i primi piatti o i dolci; stagionato diviene leggermente piccante e sa condire carni e ravioli. Altro centro del Montiferru, Sennariolo, altra specialità: qui, e soltanto qui, si produce il miele di rosmarino, arbusto tanto profumato quanto abbondante nelle pianure della Sardegna.
In una terra dove fino a cento anni fa esistevano foreste di lecci e sughere impenetrabili, la pianta simbolo rimasta è l’ulivo, da cui si produce uno degli oli più aromatici e vantati della penisola. Cuglieri e Seneghe sono i paesi che dal 1600 basano la loro economia sulla produzione dell’extravergine. Le olive vengono raccolte ancora manualmente e macinate con la spremitura a freddo, come avveniva anticamente. Questo procedimento permette all’olio di conservare quel sapore fruttato intenso, che si apprezza meglio se gustato a crudo. La qualità delle olive, il tipo di lavorazione e un aroma inconfondibile hanno regalato ai produttori vari premi e l’apertura verso mercati stranieri, come quello tedesco, francese e addirittura arabo. E Seneghe, ogni anno a maggio, diventa una vetrina nazionale dove si riuniscono i maggiori produttori d’Italia di olio di qualità. Ridiscendendo i pendii del Montiferru e avvicinandosi al mare, oltrepassata l’immensa pineta di Is Arenas, creata durante il fascismo per fermare l’avanzata del deserto che rischiava di cancellare interi paesi, si arriva a Cabras, importante centro che sorge sull’omonimo stagno; esteso per più di 2000 ettari, è il regno di una ricca avifauna e di pesce prelibato: orate, spigole e, naturalmente, muggini. Naturalmente perché Cabras è la capitale della bottarga, la sacca di uova di muggine essiccata chiamata anche il “caviale dei sardi”. “Invenzione” dei fenici, grazie agli arabi la battarikh – termine arabo che significa appunto uova salate di pesce – si diffuse dalla Sardegna in tutto il Mediterraneo. Se fino agli anni Settanta del secolo scorso era riservata a pochi, soprattutto ai pescatori e ai nobili, ora questa ambrata leccornia ha conquistato i palati e i mercati di tutto il mondo. La bottarga arricchisce con successo i primi e gli antipasti.
Ottima quella prodotta dalla ditta Smeralda: le uova vengono pulite e salate in sale marino, pressate e quindi esposte ad asciugare fino a raggiungere la giusta consistenza. La selezione per tipo e pezzatura consente di raggiungere alti standard di qualità. Del muggine di Cabras non si gustano soltanto le uova: un’altra ricetta tipica ed esclusiva è la merca (sa merca), anch’essa retaggio della tradizione culinaria della comunità della zona. Tra gli stagni di Cabras e le ampie risaie a ridosso del Tirso sorgono i vitigni ad alberello di Vernaccia, aromatico vino già conosciuto e apprezzato in età romana. Il linguista Max Leopold Wagner narra che questo vino era considerato un ottimo rimedio contro la malaria, piaga che venne debellata nella zona soltanto negli anni Trenta. La Vernaccia, dai 15,5 ai 18 gradi a seconda dell’invecchiamento, viene fatta maturare in botti di castagno o di rovere riempite a metà e lasciata riposare in ambienti di mattoni crudi non necessariamente freschi. Questo conferisce al vino un colore giallo-ambrato, un profumo delicato ma caratteristico e un retrogusto di mandorle amare: accompagna secondi di pesce e, liquoroso dopo due anni di invecchiamento, i dessert.
Quanto fosse apprezzata questa bevanda ci riferisce ancora Valéry, nel suo Viaggio in Sardegna: “Gli abitanti di Cabras, per quanto intrepidi bevitori, non si ubriacano, anzi, per loro il vizio di bere è una specie di macchia. Il vino, se non è inacidito, è caloroso. Quando capita una botte di vino di quello buono è una scena da dipingere vedere questa meravigliosa popolazione di contadini e di pescatori svuotarla in meno di un’ora, gli uni intonando canti bacchici, gli altri, più seri, gustando e dissertando”