Tratto da
Arte e religione della Sardegna prenuragica
La “Venere” di Macomer
La statuetta di Macomér esprime, a livello locale, la Dea Madre, che stimola differenti esperienze creative, durante il Neolitico antico, nelle aree elladica, balcanica ed europea centro-orientale, nonché nel Mediterraneo e nel vicino Oriente. Costituisce problema l'individuazione del centro genetico che taluno ha supposto nell'Oriente egizio-elamo-mesopotamico. È certo soltanto che, pur riproducendo la sostanza ideale dell'archetipo “feminino” come prescritto dalla religione del tempo, il tutto è risolto con grande molteplicità di interpretazioni specifiche a seconda dei luoghi, delle personalità artistiche, dei modi tecnici di ciascuna bottega artigiana. Non esistette una grammatica estetica comune. Tale diversificazione appare anche nell'area sarda e la “Venere” di Macomér ne costituisce significativo esempio. Peculiarità è quella del “non finito”, ciò che distingue la figurina di S'Adde da quella “cura del finito” distintiva della ricca serie di belle statuine presenti soprattutto nell'area tessalica nel periodo Sesklo. Altra singolarità è costituita dalla persistenza di stilismi “paleolitici”, di “evocazioni ancestrali” nell'idolo di Macomér. Ciò si rileva non tanto dal travestimento “animalesco” della testa con autonegazione del viso “umano”, impianto di una animalità perduta, la “prima verità” nella libera comunicazione dell'essere e del monte interno che è dell'animale, mascheramento visibile nelle statuine più o meno coeve romene, morave e macedoni3. Invero, non si può rimuovere il richiamo, per la struttura delle regioni pelvica e ventrale, a quella affusolata e appuntita alle due estremità delle statuine muliebri di stile paleolitico, pur mancando la “voluminosità” di queste. Si tratta di arcaismi stilistici e concettuali delle “Veneri” paleolitiche che si riaffacciano nel Neolitico antico sardo come in quello continentale italiano. Non pare casuale, al riguardo, il particolare dell'idolo di Macomér della mancanza di rappresentazione degli arti inferiori, come nella statuina su ciottolo di arenaria da Chiozza-Scandiano, anch'essa con gambe a punta e glutei sviluppati, riferibile forse al V millennio a.C. . Il profilo lineare del corpo, senza braccia, della “Veneretta” di Macomér è simile a quello delle statuine su ciottolo, restituite da sepoltura a ipogeo di Cozzo Busòne-Agrigento (alt. cm 16,1 e 6), colorate in ocra rossa, nelle quali è stata notata l'estrema semplificazione di sculture muliebri paleolitiche, in tempi neo-eneolitici. In questo quadro di “culture resistenti” neolitiche, evocatrici di un certo passato paleolitico, si possono spiegare parziali riscontri di dettagli corporei con quelli di figurine di aree dell'Europa orientale (soprattutto danubiana), aree che potrebbero avere influenzato, per via balcanica, plastiche fittili “prelagozziane” in Val Padana, Liguria e parte della Toscana . È stato notato che il profilo svelto con ampia curva e fianchi a continuità lineare nell'intera figura di Macomér, si ritrova in statuine di Kronstadt in Siebergurgen, e che la forma e le proporzioni dei glutei riappaiono in altre statuette della stessa località dove un'altra figurina riproduce il disegno sodo e appuntito della mammella. La chiusura esagonale del corpo dell'idolo di Macomér è come in statuetta fittile di Bilze Zlote-Galizia orientale (Ucraina), la terminazione a punta delle gambe come in figurine della Romania dove altri idoletti presentano il solco divisorio tra le gambe, quale nella statuina sarda di S'Adde. La concezione “arcaica” di motivi concettuali e di tradizioni plastiche “paleolitiche”, riscontrate nell'idolo di Macomér, ci portano a proporre, anche attraverso le comparazioni esterne a lungo raggio, una collocazione cronologica assai elevata. Questa è ben lontana da quella ipotizzata quarantaquattro anni fa dopo la scoperta della figurina, non molto prima del 2000 a. C. e nell'Eneolitico, sulla basse della cronologia allora suggerita da Marin e D. Berciu per la civiltà Arius-Cucuteni le cui plastiche manifestano qualche consonanza con l'idolo di Macomér. Al Neolitico finale e all'inizio dell'Eneolitico lo poneva Ch. Zervos confrontandolo genericamente con statuine di area balcanica-elladica, di Creta e delle isole egee. Tempi neoeneolitici anche per P. Graziosi il quale peraltro, adducendo la pur lontana ma percepibile evocazione di clima d'epoca, avvicina la“Veneretta” di Macomér a quella di Chiozza dotata d'un referente cronologico allo scorcio del V millennio, tra la fine dell'antico Neolitico e l'inizio del medio. La revisione cronologica delle tappe della più remota preistoria sarda ha portato a rialzare la statuina di S'Adde al Neolitico medio-cultura di Bonuighinu, collocandola tra il 3730 e 3300 a.C.. È recente la proposta di E. Atzeni su un ulteriore presumibile rialzo cronologico al Neolitico antico. Ho motivo di credere che questa del Neolitico antico sia la giusta collocazione culturale e temporale della statuina di Macomér. Potrei dall'esterno richiamare il confronto già istituito con la figurina di terracotta di Starcevo. Ma, dall'interno, mi offre più valido argomento una nuova riflessione sulla stratigrafia della grotta di S'Adde, fatta esaminando criticamente i materiali da questa restituiti e descritti, ventisei anni fa, nella tesi di laurea di Luigina Mulas. I numerosi e vari oggetti rinvenuti, in pietra e ceramica prevalentemente, dimostrano la presenza di livelli archeologici assai più articolata e ricca di quanto se ne è scritto, soffermandosi quasi soltanto sullo strato più appariscente riferito alla cultura di Ozieri del Neolitico recente. La serie stratigrafica, quale risulta dai materiali, consta di livelli del Neolitico antico, del Neolitico recente-Ozieri, dell'Eneolitico a cultura Monte Claro, del nuragico medio-Subbonnànaro = Bronzo medio II e Bronzo recente.
Giova soffermarci sui materiali dello strato Neolitico antico, costituito esclusivamente da oggetti litici, di taglio microlitico-geometrico. È presente la foggia del trapezio, di sezione triangolare, con base minore affilata da minuto ritocco invadente e la maggiore da minuto e largo ritocco dorsalmente e da un ritocco molto radente nella superficie inferiore; accenno di ritocco anche nei due lati obliqui 26. Altra foggia è quella della lametta a segmento ovalare (unguiforme), di sezione piano-convessa, con la superficie dorsale rifinita a minuto ritocco che si estende ai lati assottigliandoli 27. Appare, altresì, il tipo di pseudocroissant, di sezione trapezoidale, con margini affinati a minuto e largo ritocco continuo, quasi erto, con le facce prive di ritocco. Infine si ha la forma di una microlito “a ventaglio”, di sezione trapezoidale, dai margini spessi, quasi erti. Il previsto riscontro formale e tecnico di questa attrezzatura litica con i materiali di Su Carroppu caratteristici del Neolitico antico per l'associazione alla ceramica “cardiale”, dà certezza dell'appartenenza alla stessa epoca del più remoto strato archeologico del riparo di S'Adde. A tale strato appunto, più che ai livelli successivi, appare conveniente riferire la “Veneretta” di Macomér, un'immagine della Dea dell'amore appartenente al mondo degli archetipi, a cui una comunità dell'interno della Sardegna rendeva culto, nel sacro anfratto, verso il V-IV millennio a.C.