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Periodo Prenuragico :: Storia dell'isola dei nuraghi dal Portale Le Vie della Sardegna

Cultura Sarda > Storia Sarda
Porto Torres domus de janas Su Crocefissu Mannu
Periodo Prenuragico
(450.000 -1.800 a.C.)
Il Prenuragico coincide in Sardegna con la preistoria, cioè con quella fase della storia umana in cui non era ancora stata inventata la scrittura. I dati archeologici sono quindi l'unica fonte di informazioni che ci consente di fare luce sulle abitudini di vita dell'uomo in questo periodo. Il Prenuragico comprende un arco cronologico molto ampio e, come il nome lascia intendere chiaramente, arriva fino alle soglie della fase rappresentata in Sardegna dalla civiltà nuragica. Questa lunga epoca della storia sarda è stata articolata dagli studiosi in fasi cronologiche, ciascuna delle quali poi divisa in sottofasi e articolata in ulteriori fasi culturali. Il termine "cultura" viene utilizzato nell'ambito degli studi di preistoria per denominare l'associazione di insiemi di manufatti (oggetti ed edifici) che presentino caratteristiche tali da poter essere interpretati come espressione della cultura materiale di una data popolazione o di un dato gruppo etnico. Il Prenuragico racchiude le seguenti fasi cronologiche della storia della Sardegna: il Paleolitico, il Mesolitico, il Neolitico, l'Eneolitico (o Calcolitico).


Tratto da
Arte e religione della Sardegna prenuragica


La “Venere” di Macomer
La statuetta di Macomér esprime, a livello locale, la Dea Madre, che stimola differenti esperienze creative, durante il Neolitico antico, nelle aree elladica, balcanica ed europea centro-orientale, nonché nel Mediterraneo e nel vicino Oriente. Costituisce problema l'individuazione del centro genetico che taluno ha supposto nell'Oriente egizio-elamo-mesopotamico. È certo soltanto che, pur riproducendo la sostanza ideale dell'archetipo “feminino” come prescritto dalla religione del tempo, il tutto è risolto con grande molteplicità di interpretazioni specifiche a seconda dei luoghi, delle personalità artistiche, dei modi tecnici di ciascuna bottega artigiana. Non esistette una grammatica estetica comune. Tale diversificazione appare anche nell'area sarda e la “Venere” di Macomér ne costituisce significativo esempio. Peculiarità è quella del “non finito”, ciò che distingue la figurina di S'Adde da quella “cura del finito” distintiva della ricca serie di belle statuine presenti soprattutto nell'area tessalica nel periodo Sesklo. Altra singolarità è costituita dalla persistenza di stilismi “paleolitici”, di “evocazioni ancestrali” nell'idolo di Macomér. Ciò si rileva non tanto dal travestimento “animalesco” della testa con autonegazione del viso “umano”, impianto di una animalità perduta, la “prima verità” nella libera comunicazione dell'essere e del monte interno che è dell'animale, mascheramento visibile nelle statuine più o meno coeve romene, morave e macedoni3. Invero, non si può rimuovere il richiamo, per la struttura delle regioni pelvica e ventrale, a quella affusolata e appuntita alle due estremità delle statuine muliebri di stile paleolitico, pur mancando la “voluminosità” di queste. Si tratta di arcaismi stilistici e concettuali delle “Veneri” paleolitiche che si riaffacciano nel Neolitico antico sardo come in quello continentale italiano. Non pare casuale, al riguardo, il particolare dell'idolo di Macomér della mancanza di rappresentazione degli arti inferiori, come nella statuina su ciottolo di arenaria da Chiozza-Scandiano, anch'essa con gambe a punta e glutei sviluppati, riferibile forse al V millennio a.C. . Il profilo lineare del corpo, senza braccia, della “Veneretta” di Macomér è simile a quello delle statuine su ciottolo, restituite da sepoltura a ipogeo di Cozzo Busòne-Agrigento (alt. cm 16,1 e 6), colorate in ocra rossa, nelle quali è stata notata l'estrema semplificazione di sculture muliebri paleolitiche, in tempi neo-eneolitici. In questo quadro di “culture resistenti” neolitiche, evocatrici di un certo passato paleolitico, si possono spiegare parziali riscontri di dettagli corporei con quelli di figurine di aree dell'Europa orientale (soprattutto danubiana), aree che potrebbero avere influenzato, per via balcanica, plastiche fittili “prelagozziane” in Val Padana, Liguria e parte della Toscana . È stato notato che il profilo svelto con ampia curva e fianchi a continuità lineare nell'intera figura di Macomér, si ritrova in statuine di Kronstadt in Siebergurgen, e che la forma e le proporzioni dei glutei riappaiono in altre statuette della stessa località  dove un'altra figurina riproduce il disegno sodo e appuntito della mammella. La chiusura esagonale del corpo dell'idolo di Macomér è come in statuetta fittile di Bilze Zlote-Galizia orientale (Ucraina), la terminazione a punta delle gambe come in figurine della Romania dove altri idoletti presentano il solco divisorio tra le gambe, quale nella statuina sarda di S'Adde. La concezione “arcaica” di motivi concettuali e di tradizioni plastiche “paleolitiche”, riscontrate nell'idolo di Macomér, ci portano a proporre, anche attraverso le comparazioni esterne a lungo raggio, una collocazione cronologica assai elevata. Questa è ben lontana da quella ipotizzata quarantaquattro anni fa dopo la scoperta della figurina, non molto prima del 2000 a. C. e nell'Eneolitico, sulla basse della cronologia allora suggerita da Marin e D. Berciu per la civiltà Arius-Cucuteni le cui plastiche manifestano qualche consonanza con l'idolo di Macomér. Al Neolitico finale e all'inizio dell'Eneolitico lo poneva Ch. Zervos confrontandolo genericamente con statuine di area balcanica-elladica, di Creta e delle isole egee. Tempi neoeneolitici anche per P. Graziosi il quale peraltro, adducendo la pur lontana ma percepibile evocazione di clima d'epoca, avvicina la“Veneretta” di Macomér a quella di Chiozza dotata d'un referente cronologico allo scorcio del V millennio, tra la fine dell'antico Neolitico e l'inizio del medio. La revisione cronologica delle tappe della più remota preistoria sarda ha portato a rialzare la statuina di S'Adde al Neolitico medio-cultura di Bonuighinu, collocandola tra il 3730 e 3300 a.C.. È recente la proposta di E. Atzeni su un ulteriore presumibile rialzo cronologico al Neolitico antico. Ho motivo di credere che questa del Neolitico antico sia la giusta collocazione culturale e temporale della statuina di Macomér. Potrei dall'esterno richiamare il confronto già istituito con la figurina di terracotta di Starcevo. Ma, dall'interno, mi offre più valido argomento una nuova riflessione sulla stratigrafia della grotta di S'Adde, fatta esaminando criticamente i materiali da questa restituiti e descritti, ventisei anni fa, nella tesi di laurea di Luigina Mulas. I numerosi e vari oggetti rinvenuti, in pietra e ceramica prevalentemente, dimostrano la presenza di livelli archeologici assai più articolata e ricca di quanto se ne è scritto, soffermandosi quasi soltanto sullo strato più appariscente riferito alla cultura di Ozieri del Neolitico recente. La serie stratigrafica, quale risulta dai materiali, consta di livelli del Neolitico antico, del Neolitico recente-Ozieri, dell'Eneolitico a cultura Monte Claro, del nuragico medio-Subbonnànaro = Bronzo medio II e Bronzo recente.
Giova soffermarci sui materiali dello strato Neolitico antico, costituito esclusivamente da oggetti litici, di taglio microlitico-geometrico. È presente la foggia del trapezio, di sezione triangolare, con base minore affilata da minuto ritocco invadente e la maggiore da minuto e largo ritocco dorsalmente e da un ritocco molto radente nella superficie inferiore; accenno di ritocco anche nei due lati obliqui 26. Altra foggia è quella della lametta a segmento ovalare (unguiforme), di sezione piano-convessa, con la superficie dorsale rifinita a minuto ritocco che si estende ai lati assottigliandoli 27. Appare, altresì, il tipo di pseudocroissant, di sezione trapezoidale, con margini affinati a minuto e largo ritocco continuo, quasi erto, con le facce prive di ritocco. Infine si ha la forma di una microlito “a ventaglio”, di sezione trapezoidale, dai margini spessi, quasi erti. Il previsto riscontro formale e tecnico di questa attrezzatura litica con i materiali di Su Carroppu caratteristici del Neolitico antico per l'associazione alla ceramica “cardiale”, dà certezza dell'appartenenza alla stessa epoca del più remoto strato archeologico del riparo di S'Adde. A tale strato appunto, più che ai livelli successivi, appare conveniente riferire la “Veneretta” di Macomér, un'immagine della Dea dell'amore appartenente al mondo degli archetipi, a cui una comunità dell'interno della Sardegna rendeva culto, nel sacro anfratto, verso il V-IV millennio a.C.
Arte prenuragica

Statue-menhir nel Museo archeologico di Laconi


Le origini dell'arte in Sardegna
Non è facile fornire una semplice ed univoca definizione del concetto di "arte". Senza affrontare questo complesso problema, limitiamoci ad affermare che col temine "arte" possiamo intendere "qualsiasi forma di attività dell'uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva". Qualunque sia la definizione adottata, è comunque certo che la comparsa di prodotti "artistici" rappresenta una delle tappe più importanti della storia evolutiva dell'umanità. Già nel Paleolitico superiore l'uomo ha cominciato a produrre "arte", come testimoniano (per citare qualche esempio) le famosissime raffigurazioni d'arte rupestre della grotta di Lascaux, in Dordogna (Francia), o i manufatti in osso, avorio e legno (difficilmente conservati) scolpiti o dipinti. Allo stato attuale delle nostre conoscenze , in Sardegna non abbiamo testimonianze artistiche relative al Paleolitico superiore. È invece nel Neolitico inferiore che compaiono le prime testimonianze certe della nascita di un'aspirazione che possiamo legittimamente definire "estetica". Indizi particolarmente eloquenti in questo senso sono le decorazioni "cardiali" (cioè ottenute con l'utilizzo di una conchiglia denominata Cardium) che troviamo sulle superfici delle forme vascolari relative a questo periodo. Ancor più significative appaiono poi le statuine di "dea madre" neolitiche ed eneolitiche e le "statue-menhir" eneolitiche.

Lacon menhir di Corte Noa
Prenuragico:


   Paleolitico
   Mesolitico
   Neolitico
   Eneolitico










Mesolitico


Oliena, panorama Lanaittu visto da Tiscali

Il termine Mesolitico è composto dalle parole greche "mesos", di mezzo, e "lithos", pietra, e designa l'Età della Pietra intermedia fra quella Antica e quella Nuova. L'acquisizione scientifica dell'esistenza di evidenze archeologiche interpretabili come "intermedie" tra quelle dei complessi del Paleolitico e quelli del successivo Neolitico è frutto delle ricerche archeologiche condotte nel corso del secolo XX. Attualmente il termine "Mesolitico" designa il periodo (durato alcuni millenni) in cui ha avuto luogo il processo di adattamento degli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori ai cambiamenti ambientali verificatisi a partire da circa 10.000 anni fa. Alcuni studiosi preferiscono scomporre questo periodo in due fasi ed impiegare conseguentemente due termini. Il termine "Epipaleolitico" designerebbe una fase più antica, in più forte continuità con il Paleolitico superiore, mentre il termine "Mesolitico" farebbe riferimento ad una fase cronologica più tarda, in cui più evidenti appaiono i segni del processo di "neolitizzazione", ossia del processo di transizione verso i sistemi economici e sociali basati su agricoltura e allevamento.


Mores dolmen Sa Coveccada
Neolitico


Pau l'Ossidiana


L'Età della Pietra Nuova
Il termine Neolitico è composto dalle parole greche "neos", nuovo, e "lithos", pietra, e designa l'Età della Pietra Nuova. Con questa espressione si fa riferimento al periodo della storia dell'uomo (da collocare per la Sardegna tra il 6.000 e il 2.800 a.C.) segnato da due importanti innovazioni: il sistema economico agropastorale e la scoperta della ceramica. La prima innovazione riguarda il passaggio da un'economia basata sulla caccia (e sulla pesca) e sulla raccolta di frutti spontanei ad un sistema economico più evoluto che fa perno sulla produzione di risorse alimentari attraverso l'allevamento di animali e l'agricoltura.
La seconda innovazione è invece relativa alla scoperta da parte dell'uomo preistorico della possibilità di utilizzare la ceramica (cioè l'argilla sottoposta a cottura) per la produzione di vasellame da impiegare come ausilio per le attività connesse al nuovo sistema economico agricolo-pastorale. Queste due innovazioni determinano profondi mutamenti anche sul piano sociale. Le testimonianze archeologiche relative alle culture neolitiche lasciano infatti chiaramente intravedere i segni di strutture sociali più complesse e articolate, in cui si afferma il sistema di ripartizione del lavoro per gruppi e una progressiva tendenza alla gerarchizzazione. Il Neolitico segue la tradizionale ripartizione in sottofasi: il Neolitico antico (6000-4000 a.C.); il Neolitico medio (4000-3400 a.C.); il Neolitico recente (3400-3200 a.C.); il Neolitico finale (3200-2800 a.C.).

 Laconi museo delle statue-menhir
Eneolitico


Goni, sepolture megalitiche di Pranu Mutteddu

L'Età del primo Bronzo e della Pietra
Il termine Eneolitico, composto dal termine latino "aeneus", bronzo, e dal termine greco "lithos", pietra, designa l'Età del primo Bronzo e della Pietra, in riferimento alle prime produzioni di bronzo arsenicale, prodotto in lega con l'arsenico.
Una denominazione alternativa per lo stesso periodo è quella di Calcolitico, composta dalle parole greche "khalkos", rame, e "lithos", pietra, che designa l'Età del Rame e della Pietra.
L'acquisizione della capacità di estrazione e di lavorazione dei metalli, in particolare del rame, è il nuovo, importante progresso tecnologico che segna la fine del Neolitico e l'inizio di una nuova fase cronologica e culturale nella storia dell'uomo.
In Sardegna ha inizio lo sfruttamento del rame isolano, localizzato in particolare nell'Iglesiente, nel territorio di Alghero e nell'importante giacimento di Funtana Raminosa in territorio di Gadoni.
La possibilità di utilizzare il metallo viene sfruttata per la produzione di armi e gioielli, ma non giunge ancora a soppiantare l'utilizzo della pietra scheggiata nella produzione di strumenti.
Anche in questa fase prosegue la tendenza, già emersa durante il Neolitico, verso la complessità sociale, politica ed economica dei gruppi umani attestati nell'isola. Un importante stimolo in tal senso giunge proprio dall'accresciuta complessità che caratterizza le fasi operative: individuazione dei giacimenti, coltivazione dei filoni di minerale, produzione di manufatti.

 

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